Martedì 30 Aprile 2024

Istruzione: la scuola italiana è ferma da vent'anni

Un'analisi della Fondazione Rocca raccoglie tutti i numeri sull'educazione nel nostro Paese. Tante le cose da cambiare: poca innovazione, docenti senza carriera, edilizia da rinnovare

Una professoressa impegnata in classe

Una professoressa impegnata in classe

In vent’anni, nonostante le riforme fatte da ogni governo che si è alternato alla guida del Paese, per la scuola italiana è cambiato poco o nulla. Spendevamo poco, in percentuale del Pil, vent’anni fa e spendiamo poco anche adesso. Certo, se si considera le risorse per studente siamo in linea con la media Ue e facciamo meglio addirittura della Francia e della Spagna. Ma è una magra consolazione. Anche perché significa che, rispetto ai nostro partner europei, spendiamo male, come confermano gli scarsi punteggi che sistematicamente gli studenti italiani ottengono nelle prove standardizzate a livello internazionale per valutarne le competenze.

Sul fronte dei docenti le cose non vanno molto meglio. L’età media degli insegnanti rimane ancora la più alta in Europa (50,2 anni contro i 39,9 del Regno unito). Questo mentre non esistono possibilità di fare carriera, non ci sono incentivi per il merito, gli stipendi sono bassi e crescono solo per anzianità. La conseguenza è che il mestiere gode di scarsa considerazione sociale e non attira i giovani. Tra gli studenti quindicenni in Italia solo 1,1 su 100 vuole diventare insegnante, contro una media Ocse di 4,8. A rimetterci, ovviamente, è la qualità della formazione offerta (e quindi gli stessi studenti): oggi circa la metà dei maturandi esce da scuola senza aver sviluppato competenze sufficienti in italiano e matematica (dati Invalsi). Se a ciò si aggiunge il fatto che gli edifici scolastici sono vecchi, adatti solo alle lezioni frontali, il quadro è drammatico. Si rende quindi necessario “un cambio di rotta”.

È questo l’appello lanciato dal volume “Scuola, i numeri da cambiare” realizzato da Fondazione Rocca in collaborazione con l’associazione TreELLLe e presentato nei giorni scorsi a Roma. Ma l’urgenza del “cambio di rotta” auspicato dalla Fondazione Rocca, sta tutta nei numeri. I Neet, ovvero i giovani che non studiano e non lavorano, continuano ad aumentare (nel 2021 erano il 23,1% contro una media europea del 13,1%); un’assunzione su due viene considerata “difficile”; il tasso di disoccupazione giovanile e quello di abbandono scolastico sono tra i peggiori a livello internazionale. Dati che sono il sintomo di una scuola che non riesce più a svolgere la sua funzione di ascensore sociale. “Chi ha la fortuna di nascere nella regione giusta o in una famiglia colta e benestante” si legge nel rapporto “può ottenere molto dalla scuola e farsi strada. Gli altri rischiano di finire ai margini di una società che dipende sempre più dalla conoscenza”. Come uscire da quello che sta diventando un circolo vizioso?

Le ricette sono diverse ma ce n’è una che risulta condivisa da tutti: spingere sull’innovazione, a partire dalla didattica. Un volano, in particolare per quanto riguarda l’edilizia scolastica e il miglioramento degli spazi destinati all’istruzione, è rappresentato dal Pnrr che, secondo il rapporto, contiene elementi “potenzialmente dirompenti”. Tra gli interventi programmati dal piano e ritenuti più importanti, c’è il concorso di idee per la progettazione di oltre 200 scuole innovative, che può consentire di rinnovare il patrimonio scolastico, realizzando, ad esempio, ambienti funzionali e centrati sulla necessità degli studenti (aule Steam), compresa una nuova progettazione dei piani didattici. C’è poi la trasformazione di almeno 100mila classi in aule 4.0 e laboratori all’avanguardia e l’ampliamento dell’offerta formativa nella fascia 0-6 anni, utile anche per migliorare la conciliazione tra vita e lavoro per le donne e favorire, quindi, l’occupazione femminile. Del resto, qualche “isola virtuosa”, come le definisce il volume, già esiste. Ad esempio, gli Its Academy, nei quali convivono spinta all’innovazione, metodologie didattiche nuove, attività in laboratorio e, soprattutto, un forte legame con le imprese. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: l’80%, con punte del 90-100% degli studenti in uscita dagli Its Academy, è occupato, e nella quasi totalità dei casi in un settore coerente con il percorso svolto.