Martedì 7 Maggio 2024

Mancini, ora serve un bagno di umiltà L’esempio di Inzaghi

Mai fidarsi del mercato di gennaio. Dispensa illusioni e regala poche certezze. Ne sa qualcosa l’Inter di Mancini, umiliata dal Sassuolo tutto italiano (o quasi) del bravo Di Francesco. Gli innesti di Podolski, Shaqiri e Brozovic (nel finale) non hanno risolto la crisi nerazzurra, anzi l’hanno semmai acuita. Se Mancini ha raccolto 10 punti in 10 partite (media 1,0 contro l’1,45 del predecessore Mazzarri) significa che la sua filosofia di gioco non è applicabile a questa squadra.

Convinto che l’Inter debba battere la via del gioco e del possesso palla, il tecnico nerazzurro ha assemblato un team di piedi buoni. Ieri Podolski è partito come prima punta con dietro un trio composto da Shaqiri, Kovavic e Palacio. Nella smania di realizzare il suo progetto tattico, Mancini dimentica che il calcio resta un gioco semplice: un bravo portiere (e Handanovic lo è), un regista (il dimenticato Hernanes lo può diventare) e un centravanti (Icardi) sono l’asse portante della squadra. Intorno a loro serve una miscela di giocatori di qualità e di incontristi, di gregari abituati alle battaglie di centrocampo.

Troppi piedi nobili insieme non pagano. Specie se ti trovi davanti una squadra ben organizzata, brillante e votata al sacrificio come il Sassuolo del trio Zaza-Sansone-Berardi. Per Mancini questo è il momento dell’autocritica: il mercato gli ha portato gli oggetti del desiderio, ora tocca a lui far quadrare in fretta l’equazione per riscattare l’Inter da una classifica imbarazzante e riavvicinare il popolo del tifo. Le maglie di Icardi e Guarin, rilanciate in campo in un dopopartita avvelenato, sono il segno di un gelo che cresce fra squadra e tifosi, come ai tempi di Mazzarri.

Quello che invoco per l’Inter è un cammino di umiltà, come quello appena intrapreso dal Milan di Inzaghi. Con l’arrivo di Destro i rossoneri tornano a uno scolastico 4-4-2 con Cerci largo a destra e l’ex romanista di punta accanto a Menez. La vittoria sul Parma,ultimo in classifica, non risolve certo la crisi rossonera. Ma dopo aver rischiato la sconfitta, un Milan più logico e più concreto del solito comincia a risalire la china. Ora tocca a Mancini seguire il più giovane collega sul sentiero del realismo.