Mercoledì 24 Aprile 2024

Piccole patrie sogno d'élite

di Sofia Ventura

NELLE intenzioni dei nazionalisti catalani e del presidente della Generalitat Artur Mas, il voto di oggi ha il significato di un referendum sull’indipendenza. In un’intervista alla Cnbs Mas ha parlato di una negoziazione con il governo centrale per raggiungere la separazione nel caso in cui la coalizione separatista ottenesse la maggioranza assoluta dei seggi (non dei voti). Ha affermato che l’indipendenza catalana significherebbe «libertà, difesa della propria cultura e possesso degli strumenti adeguati per creare il proprio futuro». Il carattere emotivo ed evocativo di queste parole esprime la classica retorica delle élite politiche che in Europa hanno costruito la loro forza sul tema delle piccole patrie. La Catalogna ha una storia antica, fatta di momenti di autonomia e di ricentralizzazione, sino al brutale soffocamento del regime franchista. Ma anche – come nel caso pur diverso del nazionalismo fiammingo – una storia di «costruzione» dell’identità nazionale attraverso una rilettura del proprio passato, a partire dal XIX secolo, il secolo dei nazionalismi. Nella Spagna democratica, che si diede nel 1978 un assetto quasi-federale per trovare un equilibrio, le élite politiche catalane hanno preteso e ottenuto sempre più spazi di autogoverno, anche in ambiti come l’educazione e la lingua, cruciali per rafforzare l’identità «nazionale». Più che un conflitto per la «libertà», quello odierno appare dunque un conflitto tra élite, con quelle «nazionaliste» che sono riuscite a creare una situazione di fatto non più semplice da gestire. In questo facilitate dalla narrazione che porta a proiettare verso la Capitale la fonte dei problemi.

PER LA SPAGNA , come per tutte le realtà statuali che affrontano spinte centrifughe analoghe, non sarà facile trovare una soluzione. Ma in un’ Europa alla ricerca di una propria direzione e che conta sempre meno nel mondo globale, una frammentazione difficilmente potrà portare qualcosa di buono. Per ora si spera che l’ubriacatura comunitarista non abbia la meglio sul buon senso che dovrebbe fare riflettere sulle conseguenze economiche dell’indipendenza per gli stessi catalani, che improvvisamente – tra le altre cose – si troverebbero fuori dall’Unione europea e con operatori economici (che già si stanno esprimendo) assai spaventati.

di Sofia Ventura