Lunedì 6 Maggio 2024

SEB E' GIA' UNA FAVOLA ROSSA

Leo Turrini MONTEZEMOLO. Domenicali. Alonso. Tombazis. Marmorini. Fry. Ecco, li avete letti i nomi riportati sopra? Erano, dal presidente al responsabile di pista, passando per capo del reparto corse-pilota-progettista-motorista, gli artefici della Ferrari datata 2014. Quella della grande delusione: per la prima volta dal 1993, la Rossa ha chiuso la stagione senza lo straccio di una vittoria. Giusta o sbagliata che sia, la risposta dell'azionista Fiat Chrysler è stata drastica: piazza pulita, azzeramento totale. Al vertice della azienda più amata dagli italiani si è insediato Sergio Marchionne. Che ha voluto affidare il Cavallino da Gran Premio a un signore di origini bresciane: Maurizio Arrivabene, una vita nell'area degli sponsor, ha portato entusiasmo e passione. Basteranno? Per dare una risposta seria, occorre una sana dose di realismo. Mi spiego. La Formula Uno non è il calcio. Non è che cambiando l'allenatore ai box il risultato poi è garantito. Magari fosse così! Qui c'è da colmare un gap tecnologico pesantissimo: la Mercedes è scappata via, è scappata nel futuro, spiazzando la Ferrari sul terreno della rivoluzione progettuale. E il ritardo accumulato non si cancella in un amen: lo stesso Marchionne, nella sua ruvida prosa, ha sostenuto che ovviamente un mito come la Ferrari deve sempre sognare in grande, però è inutile immaginare un sorpasso ai danni delle Frecce d'Argento in tempi brevi. Di un viaggio in salita e contro corrente, ha piena consapevolezza Seb Vettel. Il clone di Schumi. Il simbolico erede del Michelone che animò un ciclo straordinario, cinque titoli iridati consecutivi tra il 2000 e il 2004. La suggestione romantica dell'operazione (Vettel da bambino teneva in camera il poster del connazionale sulla Rossa, Vettel ha sempre avuto il Cavallino nel cuore, bla bla bla) è oggettivamente innegabile. Il sentimento come punto di partenza e come punto di forza: la Ferrari non è mai stata una semplice somma di bielle, pistoni e cerchioni. Di questa logica fa parte Kimi Raikkonen. C'è poco da scherzare con i numeri. Ormai otto anni fa (era il 2007) il Santo Bevitore si laureò campione con la Rossa. E' lui l'ultimo eroe mondiale di Maranello. Il rischio, nemmeno tanto taciuto, è che il nome del Biondino possa un domani essere accostato a quello del sud africano Scheckter. Che non trovò un erede addirittura per ventuno stagioni, dal 1979 al 2000, fino appunto a Schumi Vettel e Raikkonen sono amici. Insieme, dovranno far dimenticare Alonso. Che in Italia ha raccolto zero a livello di albo d'oro, sempre però dando un contributo massimo in termini di dedizione e di coraggio. E'vero che la memoria di chi non vince giustamente in Ferrari dura poco: ma qui il problema è che nessuno, nemmeno Marchionne e nemmeno Arrivabene, sa quanto ci sarà ancora da aspettare. Nei test, la SF 15 T non è andata male. E' ancora inevitabilmente in ritardo nei confronti della Mercedes, ma lo sapevamo e ce lo immaginavamo. E' invece migliorata in rapporto a Williams e Red Bull. Potrebbe essere la macchina dell'inversione di tendenza, la premessa di una ricostruzione, di una resurrezione. La faccio breve: se Seb e Kimi vincono un Gp a testa, in questo 2015, beh, è un trionfo, fidatevi.