Giovedì 25 Aprile 2024

Natangelo: Io, Renzi e la sindrome di Zerocalcare

Il vignettista de 'Il Fatto Quotidiano' racconta com'è nata la raccolta Pensavo fosse amore, invece era Matteo Renzi

Il fumettista Mario Natangelo

Il fumettista Mario Natangelo

Roma, 20 dicembre 2015 - 'I trentenni di oggi? Mah, non credo molto alle categorie psicologiche. Prendi Zerocalcare, o i film di Muccino: raccontano se stessi, le loro difficoltà e i loro limiti, i lettori e gli spettatori si riconoscono, ma alla fine diventa una generalizzazione. E rischia di essere un po’ un alibi, no? Invece ci sono tanti trentenni – o quindicenni, o quarantenni – che sanno mettersi in gioco, da questo punto di vista sono molto individualista”.

Sarà l’accento napoletano, sarà che si mangia un po’ le parole, ma dall’altro capo del telefono sembra si sentire parlare l’indimenticato Massimo Troisi. Invece è Mario Natangelo, vignettista di professione. Il suo Pensavo fosse amore, invece era Matteo Renzi, uscito da poco per i tipi della Magic Press, è a metà tra il racconto autobiografico e la satira. Protagonista, la caricatura di un premier che diventa una sorta di ‘scimmia sulla spalla’, di cui il disegnatore vorrebbe liberarsi ma con cui deve battagliare quotidianamente, visto che fare vignette sull’attualità politica è il suo mestiere.

Natangelo, come definiresti “Pensavo fosse amore invece era Matteo Renzi” ?

“Inizialmente doveva essere una raccolta di vignette realizzate per Il Fatto Quotidiano. Poi alla fine è venuto fuori un ibrido, tra graphic novel e, appunto, vignette. La lotta di un disegnatore trentenne che forse vorrebbe disegnare altro, ma non può farlo e dà la colpa al sistema”.

Un trentenne in crisi, un po’ come quelli di Zerocalcare, cui non risparmi qualche stilettata…

“Ti dico la verità: cercato di parodiarlo un po’, non credo molto alle caterogorie psicologiche. Quindicenni, trentenni, quarantenni: oggi non ha tanto senso parlarne, c’è tanta gente che si mette in gioco, che vive fuori dal branco. Il rischio è che generalizzare ti dia degli alibi e ti faccia sedere sugli allori. Sono abbastanza individualista. Zerocalcare? Certamente ha avuto il merito di allargare il mercato, oggi c’è tantissima offerta”

Inizi il libro dicendo che, per un vignettista, quando c’era Berlusconi era tutto più facile.

“C’è una tavola di saluto a Silvio. Quando governava lui avevi due schieramenti radicali, non solo due politiche ma anche due idee di vita antitetiche, o di qua o di là. Con il suo declino siamo andati tutti alla rinfusa”.

Parliamo di Renzi: nel libro ti striglia e ti schernisce perché quello è il “suo” libro, non il tuo.

“Vivo Renzi come una scimmia sulla spalla. E come tutti gli altri personaggi, all’inizio ho dovuto prenderci le misure, scoprirlo, creare il “mostro”, che è appunto la caricatura dello stesso premier e ha vita propria. Ho voluto mostrare una sorta di backstage delle vignette”

C’è un passaggio anche sulla strage di Chalie Hebdo. E proprio poche settimane fa, a Parigi, un altro massacro. Come hai vissuto queste tragedie?

“Charlie Hebdo è la prima cosa che ho disegnato, “a caldo”, a gennaio. E’ stato un momento emotivamente forte, per me come per tutti. Ho conosciuto Wolinski, trovo stranissimo che una persona sia morta così. Morto sparato in testa perché è andato a lavorare come ci andiamo noi tutti i giorni, è terribile”.

A chi ti ispiri, come funziona il processo creativo? “A differenza di molti altri autori, come Vauro e Vincino, non ho fatto parte né militato in alcun movimento. Dunque, io cerco di trovare un modo divertente di raccontare i fatti di tutti i giorni. Cerco di tenere la conoscenza dei fatti a livello molto epidermico, senza andare troppo nel dettaglio dei singoli provvedimenti dettaglio. Punto a scenette demenziali, a gag tipo Una pallottola spuntata. Non ho mai voluto fare la rivoluzione”.

Come mai in Italia non esiste più un giornale satirico? “Io non credo ai collettivi. Cuore, il Male, erano gruppi che lavoravano come un’orchestra, in cui è importante anche il direttore. Non so se questa mancanza nel panorama editoriale sia colpa di internet, del mercato o degli autori stessi. In Spagna c’è El Jueves, rivista che va avanti 40 anni, poi ci sono, Le Canard in Francia e qualcosa in Germania. Sarebbe facile dire che è colpa nostra, degli autori, ma sarebbe come dire che non è più possibile fare cinema perché è morto Mastroianni: i Mastandrea, i Germano ci sono anche nel nostro campo. Non lo so, davvero. L’unica cosa che tento di non fare è fare a gara per chi mette per primo su internet la vignetta su un fatto di cronaca o una notizia. Ecco, lo fanno già in troppi”.