Venerdì 26 Aprile 2024

Bob Dylan a sorpresa parla di tutto. Ricordi e aneddoti di una carriera fuori dagli schemi

Il 'menestrello di Duluth' nella sua vita ha rilasciato poche interviste, e in quelle rare occasioni dava risposte surreali. Sul suo sito invece riserva al suo interlecutore, Bill Flanagan, rivelazioni sorpendenti

Bob Dylan (AFP)

Bob Dylan (AFP)

New York, 23 marzo 2017 - Parla poco e non va a ritirare il premo Nobel, ma a sorpresa regala ai suoi fan quello che mancava da molto: il suo pensiero. Bob Dylan ha così rilasciato una rarissima intervista all'autore Bill Flanagan, ma non per un periodico o un quotidiano, ma in esclusiva sul sito www.bobdylan.com per i fan.

Bobb parla, un po' di tutto, e ricorda amici come Leonard Cohen o Mohammed Alì, o come di altri due grandi musicisti come Merle Haggard e Leon Russell, anch'essi scomparsi negli ultimi mesi.

E il "menestrello di Duluth" stupisce anche con rivelazioni sorprendenti, anche se non del tutto inedite: per esempio, che tra i dischi recenti che preferisce c'è l'ultimo di un proto-punk rocker come Iggy Pop. O di quella volta che incontrò Frank Sinatra sotto le stelle. 

Parole dolci anche per Amy Winehouse: "Sì, ero un suo fan, assolutamente. Lei era l'ultima vera individualista". Anedoti d'oro, come quella volta in cui insieme a George Harrison saltò una session di registrazione con Elvis Presley, "semplicemente non ci presentammo". 

Il 31 marzo esce il suo ultimo disco, "Triplicate", che raccoglie in ben tre cd ben 30 standard americani che vanno dagli anni venti agli anni quaranta. Alla domanda se "Triplicate" sia un album nostalgico, il premio Nobel per la letteratura risponde: "Non direi. Non è come fare una passeggiata lungo il viale della memoria o rimpiangendo i buoni vecchi tempi andati... una canzone come Sentimental Journey, per esempio, non guarda all'indietro, non emula il passato, sta con i piedi per terra, è qui e adesso". 

Lui che era famoso per le risposte beffarde, per non dire criptiche o surreali, ai giornalisti che lo interpellavano, in questa intervista colpisce per la sua lucidità e chiarezza. 

Ma non solo musica per il grande pubblico, e parla di Ornette Coleman che sperimentava molto nell'abito Jazz: "Avevamo diverse cose in comune. Ha affrontato molte avversità, i critici erano contro di lui, altri jazzisti erano gelosi. Lui stava facendo qualcosa di veramente nuovo, di fondamentale, e non l'hanno capito. Non è molto diverso dagli insulti che sono stati gettati addosso a me per aver fatto alcune cose simili alle sue, sia pur attraverso altre forme musicali". 

Ma i fan cosa penseranno dell'ultimo lavoro? "Queste canzoni sono pensate per l'uomo della strada. Forse è un fan di Bob Dylan, forse no. Non lo so... Quel che so è quanta essenza di vita, quanta reale condizione umana ci sia in esse. Si tratta di alcuni dei pezzi più struggenti mai registrati, e voglio render loro giustizia. C'è un realismo diretto in loro, una fede nella vita di tutti i giorni, così come succedeva nel primo rock'n'roll. Oggi la musica moderna è così istituzionalizzata che non lo sai più". 

Poi parla di sé: "Sono nato a Duluth, città industriale, moli navali, grandi silos per il grano, scambi ferroviari. Nebbia spessa, marinai, tempeste, bufere di neve. Mia madre racconta di razionamenti di cibo, elettricità tagliata, mancanza di riscaldamento. Era un posto buio, anche in pieno giorno, tra coprifuoco, depressione, solitudine: ci abbiamo vissuto fino ai miei cinque anni, fino alla fine della guerra". 

Commoventi anche le parole riservate all'amica Joan Baez, tante le battaglie comuni per il "Civil Rights Movement" nei primi anni sessanta: "La sua voce era come quella di una sirena vicino a qualche isola greca", ricorda Dylan. "Bastava quel suono per precipitarti in un incantesimo. Era un'ammaliatrice. Dovevi farti legare all'albero maestro come Ulisse e infilarti dei tappi nelle orecchie per non ascoltarla. Ti faceva dimenticare chi fossi". 

Infine l'incontro con "The Voice" Frank Sinatra, a cui dedicò due album. Fu in occasione di una serata a casa Sinatra insieme a Bruce Springsteen: "Eravamo in piedi sulla sua veranda, di notte e mi disse: 'Io e te, compare, abbiamo occhi blu e veniamo da lassù", ha detto, indicando le stelle. Mi ricordo di aver pensato: beh, forse ha ragione".  

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro