Giovedì 2 Maggio 2024

La legge non basta

I DATI forniti dal ministro Poletti sui trend dell’occupazione sono significativi perché si riferiscono al mese di marzo 2015. Sono pertanto i primi da quando, dal giorno 7 di quel mese, è entrato in vigore il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Da quel momento, un importante incentivo normativo (per i nuovi assunti dal 7 marzo e per coloro che successivamente cambiano lavoro la tutela contro il licenziamento ingiustificato è di carattere obbligatorio- risarcitorio) si combina con un robusto bonus economico previsto dalla legge di stabilità. In soldoni un datore di lavoro che assuma a tempo indeterminato un dipendente nel 2015, godrà di una forma di decontribuzione per un triennio pari a 8.060 euro l’anno.

Ciò significa che risparmierà più di 24mila euro, l’equivalente della retribuzione lorda di un anno. Gli osservatori si chiedono quale sia la “pietra filosofale” che induce le imprese ad assumere: i critici, come Susanna Camusso, del Jobs act Poletti hanno interesse a sottolineare la “spinta” proveniente dall’incentivo, mentre il Governo ci tiene a valorizzare il ruolo del contratto di nuovo conio, un caposaldo delle sue politiche del lavoro. E’ difficile, per ora, fare delle distinzioni sugli effetti delle due differenti misure. In mancanza di riferimenti nazionali è possibile avvalersi di monitoraggi regionali. Per esempio, l’Agenzia del lavoro della Lombardia ha pubblicato delle statistiche riguardanti le assunzioni stabili, nei settori privati, avviate nei primi due mesi, quando il contratto a tutele crescenti non era ancora in vigore. Da questa ricerca risulta che le assunzioni a tempo indeterminato sono aumentate del 19%, rispetto agli stessi mesi del 2014, mentre quelle a termine sono diminuite dello 0,6%, pur mantenendo un trend sostenuto (113.700 contro 83.565 a tempo indeterminato). Benché più oneroso il contratto a tempo determinato, continua a garantire di più le aziende. Sorge, poi, un altro problema: quante delle assunzioni, comprese quelle di marzo, sono nuova occupazione, magari di giovani, oppure trasformazioni di contratti a termine, di collaborazioni o di altri rapporti? E’ chiaro che, nella seconda ipotesi, non si crea occupazione aggiuntiva, ma si cambia, nel senso di una maggiore stabilità, il mix della composizione del mercato del lavoro. In fondo, i nuovi posti di lavoro li crea solo l’economia. Le leggi possono, però , «dare una mano».