Lunedì 20 Maggio 2024
CLAUDIO MARTELLI
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L'offesa e il pugno

QUELLA con l’Isis è una guerra di religione? O come dice papa Francesco «non c’è nessuna guerra di religione»? Peraltro Francesco fu il primo a dire che è in corso «una terza guerra mondiale, una guerra a pezzettini», per poi spiegarla come una guerra per il denaro sporco e per il potere, aggiungere che l’Isis non é l’Islam, che «di fondamentalisti ce ne sono anche tra i cattolici», per concludere che «non si uccide soltanto con i coltelli, ma anche con la parola, con le chiacchiere». Poiché non si conoscono, almeno in quest’epoca, gruppi cattolici impegnati a terrorizzare, assassinare, perseguitare, non solo molti cristiani ma anche molti musulmani che hanno condannato l’uso della violenza da parte di loro correligionari, si sono sorpresi delle parole del Papa esternate all’indomani dello sgozzamento di un sacerdote francese, inginocchiato davanti al suo altare. Chi ha memoria avrà pensato anche a un precedente, ancor più paradossale, intervento del Papa all’indomani della strage dei redattori e dei giornalisti di Charlie Hebdo.

A POCHE ore dall’oscena carneficina Bergoglio giunse a giustificare, a modo suo, i terroristi, i quali, evidentemente in quanto musulmani, si erano sentiti offesi dalle caricature blasfeme del settimanale, e con ardita metafora esclamò: «Se uno mi offende la madre io gli do un pugno». Bene, se si può prendere a pugni chi ci offende con le parole, che cosa è lecito fare contro chi ci dichiara guerra e compie massacri d’innocenti? Bombardare dove ha il suo esercito e il quartier generale? Neanche per sogno, il Papa ha detto e ripetuto che «non bisogna bombardare». Al punto da aver incoraggiato Putin a dissuaderne gli americani, quando Obama voleva intervenire in Siria, salvo poi tacere quando, senza chiedergli il permesso, Putin bombardò indiscriminatamente tutti i nemici del dittatore siriano, a cominciare dagli eroici curdi. Naturalmente molti cattolici, alcuni pensosi altri penosi, hanno spiegato i paradossi del Papa con la sua ansia di evitare in tutti i modi un conflitto generalizzato tra Cristianesimo e Islam.

ALTRI ancora, liberi da vincoli pastorali – per esempio Bruno Vespa su questo giornale – dopo aver osservato che se «il capo della Chiesa parlasse di guerra di religione imboccherebbe una strada senza ritorno», si sono molto opportunamente «consentiti un’analisi più libera». E quanti sono del tutto laici, cioè liberi da obbedienza e ossequi verso tutte le religioni viventi, non hanno nulla da dire su questa che è la materia più incandescente del nostro presente? Anche il silenzio di quello che Ratzinger chiamava «il laicismo positivo» è scandaloso. Resto convinto che quando uomini non paghi di aver creato un creatore pretendono di parlare in suo nome, è bene stare in guardia. Il rischio che qualcuno scateni conflitti e organizzi persecuzioni perché Dio lo vuole è sempre esistito, esiste tuttora e cresce in proporzione al silenzio e alla sottomissione dei laici credenti o non credenti che siano. Oltretutto, a minacciarci non c’è solo l’Isis ma nazioni – Arabia Saudita e altre – che finanziano all’estero le moschee del fanatismo e i gruppi di assassini in nome di Allah, mentre in casa propria vietano altre chiese, altri culti e ne perseguitano i seguaci. Esempi perfetti, con buona pace di Bergoglio, di come il fondamentalismo islamico s’intrecci con il potere e il denaro con il terrorismo.