Mercoledì 24 Aprile 2024

Obama: "Raid anche in Siria". Media Beirut: "Le due italiane vendute 2 volte, ma non all'Isis"

Obama, parlando alla nazione nel suo solito discorso settimanale, ha ribadito che la guerra all'Isis è una guerra di tanti Paesi, e che non esiterà a colpire lo Stato Islamico in Siria. Intanto dal Libano si apprende che Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due italiane rapite, sarebbero state vendute due volte, ma non agli estremisti sunniti

Militanti dell'isis a Raqqa (Ap)

Militanti dell'isis a Raqqa (Ap)

Washington, 20 settembre 2014 - "Dallo scorso mese, sono stati condotti 170 raid contro i terroristi in Iraq. E ora la Francia si è affiancata a noi in questi attacchi aerei. Andando avanti, non esiteremo ad agire contro questi terroristi in Iraq o in Siria". Lo ha detto il presidente Usa, Barack Obama, nel corso del suo consueto discorso settimanale.

"Questa però - ha proseguito Obama - non è solo la guerra dell'America. Non impegnerò i nostri soldati in un'altra guerra in Iraq o in Siria. E' molto più efficace usare le nostre capacità per aiutare i nostri partner sul terreno, garantire il futuro del loro Paese. Useremo la nostra potenza aerea, addestreremo e forniremo attrezzature ai nostri partner. Daremo assistenza e consigli. E guideremo una coalizione allargata di Paesi che hanno un interesse in questa lotta. Questa non è l'America contro l'Isis. Questo è il popolo della regione contro l'Isis. E' il mondo contro l'Isis", ha aggiunto Obama. 

"I nostri servizi di intelligence non hanno ancora rilevato piani specifici di questi terroristi contro gli Usa. In questo momento, rappresentano una minaccia per il popolo dell'Iraq, la Siria, e il Medio Oriente allargato. Ma i loro leader hanno minacciato l'America e i nostri alleati. E se lasciati incontrollati, potrebbero costituire una minaccia crescente per gli Usa". 

"Una maggioranza di democratici e una maggioranza di repubblicani, alla Camera e al Senato, hanno approvato una prima importante parte della nostra strategia contro l'Isis con un ampio margine". Lo ha detto il presidente Usa parlando alla nazione. "Hanno dato - ha aggiunto - ai nostri soldati l'autorità di cui hanno bisogno per addestrare i ribelli dell'opposizione siriana per combattere l'Isis. Quei voti hanno mandato un messaggio potente al mondo: gli americani sono uniti nell'affrontare questo pericolo. E mi auguro che il Congresso continui a fare in modo che le nostre truppe abbiano ciò di cui hanno bisogno per completare il lavoro", ha detto Obama. 

"Sono oltre 40 i Paesi che si sono offerti di aiutare l'ampia campagna contro l'Isis - dall'addestramento e attrezzature, all'aiuto umanitario, ai raid aerei e missioni di combattimento. E questa settimana, alle Nazioni Unite, continueò a mobilitare il mondo contro questa minaccia". "Questo è uno sforzo che l'America ha la capacità di guidare" - ha proseguito Obama - "Quando il mondo è minacciato, quando il mondo ha bisogno di aiuto, chiama l'America. E noi chiamiamo i nostri soldati. Sia se si tratta di contrastare un gruppo di terroristi, o di contenere e combattere una minaccia come l'epidemia di ebola in Africa. Chiediamo molto ai nostri soldati. Mentre i nostri politici sono divisi a volte, il popolo Usa è unito nell'appoggiare i nostri soldati e le loro famiglie. Questo è un momento di leadership americana", ha concluso il presidente Usa. 

BOLDRINI: ISIS MINACCIA ANCHE PER NOI - "Penso che l'Isis sia una grande minaccia, soprattutto per le popolazioni locali che debbono subire quella ferocia, ma anche una minaccia per noi, come abbiamo visto dalle orrende esecuzioni che ci sono state". Lo ha affermato la presidente della Camera, Laura Boldrini, a margine di un convegno promosso a Conversano dalla Fondazione Di Vagno. "Ho incontrato recentemente il Capo di Stato tunisino che - ha aggiunto Boldrini - mi ha fatto presente come siano tutti preoccupati in quella regione anche per il fatto che per ogni occidentale che viene decapitato ci sono migliaia di persone locali che vengono uccise senza pietà. Quindi è sicuramente una minaccia collettiva, bisogna capire quale sia il metodo più efficace per combattere questo". "Io so, anche sulla scia della lezione di Di Vagno - ha concluso la presidente della Camera - che la guerra porta distruzione e odio". 

MEDIA BEIRUT:  LE ITALIANE RAPITE VENDUTE DUE VOLTE, MA NON ALL'ISIS   - Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due giovani italiane scomparse in Siria a fine luglio, "sono state vendute due volte" della regione a ovest di Aleppo, nel nord della Siria. Ma non sono finite in mano ai jihadisti dello Stato islamico. Lo riferisce stamani il quotidiano libanese al Akhbar, vicino al movimento sciita filo-iraniano Hezbollah alleato del regime di Damasco. Il quotidiano cita una fonte identificata con uno pseudonimo, Ahmad, descrivendola come "un ex miliziano" di Abizmu, la località dove si sono perse le tracce delle due italiane ai primi di agosto scorso. La fonte citata da al Akhbar sostiene che Ramelli e Marzullo sono "state attirate a Abizmu" nell'ambito di un piano preordinato per rapirle e chiedere un riscatto. Secondo la fonte, "l'attivista" con cui le due giovani e il giornalista de Il Foglio Daniele Raineri erano in contatto "era uno di quelli che passano molto tempo su Internet". E su Internet "l'attivista" le avrebbe conosciute. Greta e Vanessa si sono in seguito recate più volte a casa dell'"attivista", e tra loro si è creato un legame di fiducia, fa intendere la fonte. Solo successivamente, "l'attivista" - di cui la fonte non conosce l'identità - in cambio di danaro le ha attirate nella trappola: una visita in casa del "capo del consiglio rivoluzionario di Abizmu", l'uomo forte della cittadina. Quest'ultimo, prosegue il racconto, le ha subito vendute a un altro gruppo armato della zona. La fonte esclude che le due italiane possano esser state vendute allo Stato islamico e fa intendere che Greta e Vanessa si trovino tra la regione occidentale di Aleppo e il confine turco.

BELGIO, SVENTATI ATTACCHI TERRORISTICI - Negli ultimi mesi in Belgio sono stati sventati diversi attacchi pianificati da ex combattenti ritornati dalla Siria o da simpatizzanti dello Stato islamico (ex Isil). È quanto riporta il quotidiano belga L'Echo, citando fonti giudiziarie, aggiungendo che i servizi di sicurezza e la magistratura hanno volutamente nascosto questa informazione per evitare di allarmare la popolazione. "Si tratta di attacchi paragonabili a quello di Mehdi Nemmouche al Museo ebraico di Bruxelles" dello scorso 24 maggio, hanno spiegato le fonti, aggiungendo che alcuni sospettati sono stati arrestati e si trovano ancora in carcere. Nessuno ha voluto però fornire dettagli sugli obiettivi degli attentati per motivi di sicurezza e per non danneggiare l'inchiesta in corso. 

La procura federale belga, dal canto suo, si è limitata a confermare oggi che un'indagine sui giovani combattenti rientrati dalla Siria ha effettivamente portato a diverse operazioni e mandati d'arresto. "Non daremo nessun'altra informazione, ci occupiamo appieno della problematica degli ex combattenti, collaboriamo con i servizi di sicurezza e questo ci ha portato a effettuare numerose operazioni e mandati d'arresto", ha detto Jean-Pascal Thoreau della procura secondo quanto riporta L'Echo.

Stando al quotidiano, sono 90 i cittadini del Belgio che hanno combattuto in Siria e sono ritornati in patria. "Noi partiamo dal principio che, fra loro, uno su 9 ha intenzione di commettere un attentato. È una valutazione conservatrice se si tiene conto anche delle persone che apportano un sostegno logistico agli attacchi", spiegano ancora le fonti. I belgi partiti per la Siria sono fra 325 e 400. La notizia è stata riportata anche dal quotidiano in fiammingo De Tijd. 

300 CURDI ENTRATI IN SIRIA DALLA TURCHIA SI UNISCONO AI PESHMERGA - Più di 300 combattenti curdi hanno attraversato il confine per entrare in Siria dalla Turchia e combattere contro i jihadisti dello Stato Islamico nella zona di confine curda. Lo ha reso noto L'Osservatorio Siriano per i Diritti umani, che ha sede a Londra ma segue gli sviluppi della guerra sul terreno avvalendosi di fonti locali. Il gruppo si è unito alle forze curde in Siria che si stanno battendo contro i jihadisti dello Stato Islamico attorno alla città di Ayn al-Arab, che i curdi chiamano Kobani. I combattimenti degli ultimi giorni in questa zona -dove gli jihadisti hanno preso il controllo di circa 60 villaggi- hanno messo in fuga di decine di migliaia di civili curdi, che hanno cercato rifugio in Turchia. Sotto la pressione dei curdi in fuga, il governo di Ankara venerdì ha aperto otto valichi di confine; e solo nella notte -secondo il governo- circa 45mila rifugiati sono entrati in Turchia.