Mercoledì 24 Aprile 2024

Imitiamo l'Irlanda

Cesare De Carlo

CI SIAMO occupati dell’Irlanda negli anni bui della bancarotta. Era uno dei tre Paesi dell’area euro che, non riuscendo più a rifinanziarsi sul mercato, erano stati costretti a chiedere crediti internazionali e ad affidarsi alla supervisione della troika (Commissione europea, Banca Centrale Europea, Fondo Monetario). E avevamo notato la profondità e la velocità del processo di risanamento. Ebbene ora ne conosciamo i risultati. Sorprendenti. L’Irlanda è (quasi) fuori dal tunnel. La sua economia riprende a crescere: Pil a più 7,7 per cento nel 2014. Più che in Cina. Cala la disoccupazione (al 12 per cento dopo un massimo del 15). Cala il deficit di bilancio. Cala il debito pubblico, che è al 120 per cento del pil contro il 135 dell’Italia. Il ministro dell’Economia Michael Noonan afferma: rimborseremo in anticipo i 22,5 miliardi di dollari del Fmi.

SEMBRA di sognare. Nell’Europa depressa e paralizzata l’ex tigre celtica rappresenta una success story. Ma come ha fatto? Cinque anni fa era con Grecia e Portogallo la più disastrata d’Europa. La risposta è: ha tagliato la spesa pubblica. In soli due anni — ci dice Eurostat — dal 2011 al 2013 il suo peso sul Pil è diminuito dal 47,1 al 42,9 per cento. Quattro punti, pari a circa 7 miliardi di euro. È come se in Italia fosse diminuito di 70 miliardi, considerando che il Pil irlandese è un decimo di quello italiano. I tagli hanno consentito sgravi fiscali alle aziende, più produzione, più consumi, più lavoro, più entrate fiscali, più investimenti… Insomma il solito circolo virtuoso. Determinante la corporate tax al 12,5 per cento contro il 31,4 (ma si va fino al 53%) in Italia e il 40 degli Stati Uniti: ha attirato i capitali di dozzine di multinazionali.

E ALLORA chiediamoci: la ricetta irlandese è applicabile nell’Italia del riformismo lento, contestato, contrastato? La risposta è: in teoria. Motore della ripresa dovrebbe essere come in Irlanda una spending review figlia di una strategia di lacrime e sangue. Quella per ora solo ipotizzata da Renzi appare troppo timida. Forti — lo sappiamo — sono le resistenze politiche e sindacali. Ma c’erano anche in Irlanda. E ci sono in Spagna che sta copiando l’Irlanda, senza distinzione fra governi di destra e di sinistra. Non ci sono scuse quando è in gioco la sopravvivenza. [email protected]

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