Giovedì 25 Aprile 2024

Il deserto dei moderati

di Gabriele Canè

SI FA presto a dire centro destra. Oggi, ha un’aria talmente malconcia, dimessa, lacerata, da sembrare un centro sinistra. Non quello delle foto ricordo dell’elezione di Mattarella: compatto, granitico, sorrisi a 42 denti. Un’istantanea che probabilmente tra pochi giorni sarà piuttosto ingiallita. No, parliamo del centro sinistra pre Renzi, quello che ha attraversato con gli stracci addosso l’ultimo ventennio, in cerca di idee, di unione e di autore. La scelta del Capo dello Stato, ci consegna, insomma, l’ennesima fetta di italiani in debito di un’adeguata rappresentanza. Perché non è vero quello che ha detto Salvini: il centro destra è morto. Lo sarebbe se non ci fosse più un elettorato moderato, che invece continua a esistere, eccome.  È il centro destra politico che dai 665 consensi al nuovo Presidente, esce con traumi plurimi ed entra in sala di rianimazione. Con una certezza e una montagna di dubbi: nonostante i limiti della sua leadership, della sua età, della sua strategia, l’unico ancora capace di prendere voti è Berlusconi. Ogni sondaggio lo certifica. Ma con Berlusconi l’asticella del consenso resta a un livello insufficiente.  PER SALTARE ci vogliono spinta e tempismo. E nella nomina di Mattarella al Cavaliere forse è mancato più il secondo della prima. Certo, non è facile stare all’opposizione e sostenere la maggioranza, combattere Renzi e brindare al Nazareno, ricucire con Alfano e governare nelle regioni con Salvini, mentre il primo è alleato del Pd e il secondo guida le falangi dell’opposizione. Il che non significa che Silvio non potesse e dovesse fare nell’occasione qualcosa di più e di meglio. Soprattutto avere una posizione chiara e tenerla, anche se sbagliata, piuttosto che ondeggiare lasciando spazio ai ...soccorritori. Stesso discorso vale a maggior ragione per Angelino che sta perdendo alcuni dei suoi (pochi) pezzi migliori. Detto questo, la politica è realismo e dinamica. Dunque, è inutile immaginare ora scenari senza Berlusconi. Ma è suicida non lavorare sul serio al dopo, partendo dal rinato mini asse tra Forza Italia e Ncd. Sempre che ognuno capisca che da solo non va da nessuna parte, e che la direzione giusta è quella dei propri elettori. Senza che il Re di Arcore pensi di poter scegliere l’erede. Perché se così fosse stato nel Pd, Renzi sarebbe ancora consigliere di quartiere. E non (almeno oggi) il padrone del vapore Italia.

di Gabriele Canè