Giovedì 25 Aprile 2024

Grillo molla: sono un po' stanchinoE fa eleggere il direttorio dal web

Elena G. Polidori ROMA LA SUCCESSIONE è servita. E in modo bulgaro. Ma Grillo dice: «Siamo pronti a costruire il futuro!». Chissà quale. Dopo le nuove, drammatiche, espulsioni e le minacce sempre più concrete di una prossima scissione, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio hanno deciso di battezzare ufficialmente i loro eredi, quei giovani che dovranno prendere, d'ora in poi, le redini del Movimento. Li ha salutati anche la Rete, con il 91% dei consensi. I diarchi stellati passano la mano. «Sono un po' stanchino», ha detto infatti ieri Grillo e dunque avanti con Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia, cinque deputati (non c'è neanche un senatore tra loro) che costituiranno un direttorio, una sorta di governo della quotidianità del Movimento e che faranno da interfaccia tra i parlamentari tutti e i leader che, complici i gravi problemi di salute di Casaleggio, sono stati in qualche modo costretti a questa accelerazione. Per riorganizzare le fila di un Movimento che oggi va in ordine sparso. Anzi, la scissione è nell'aria. Perché questi nomi scelti dall'alto (e che sono stati ovviamente ratificati dal voto sul blog) sono quelli dei talebani ortodossi e rappresentano solo una parte del Movimento in Parlamento (ma anche fuori). Walter Rizzetto, la mente dei dissidenti, ha parlato ieri di «passo in avanti» specificando di vedere nel direttorio «una mossa positiva», ma la sua è solo tattica. Lo sa bene che sono trenta, forse addirittura quaranta tra deputati e senatori i dissidenti, una pattuglia che potrebbe anche giocare un ruolo determinante negli equilibri interni al Parlamento e soprattutto in vista delle elezioni del prossimo presidente della Repubblica. Il gioco, insomma, si fa duro. Un insospettabile come Daniele Pesco, per dire, ieri minacciava: «Se vincono i sì sul blog mi dimetto». E non era il solo a pensarla così. «Così diventiamo un partito», protestavano Marco Baldassarre e Patrizia Terzoni, quest'ultima tra le più energiche nel rifiuto dell'imposizione dall'alto. «È la svolta del cancellino, ex predellino di Bibbona», ha graffiato Tiziana Ciprini. Per il momento, tuttavia, la leadership politica d'opposizione interna non emerge e i dissidenti viaggiano senza bussola. QUALCOSA, d'altra parte, si è rotto per sempre, nel M5S. Non ci sarà più quell'«uno vale uno» che agli esordi ha fatto la differenza tra i grillini e la vecchia politica. Da ieri, però, ci sono cinque eletti che varranno più degli altri, una strategia che va in senso opposto a chi, da mesi, chiede un cambio di passo. Lo scontento è palpabile, la scelta dei «magnifici cinque» non è stata decisa collegialmente, il voto in Rete è stato una mera ratifica, i prescelti sono tutti deputati e tutti espressione di sole due Regioni, il Lazio (Di Battista, Ruocco) e la Campania (Fico, Sibilia, Di Maio). La base non ci sta: «Il ducetto ha eletto il gran consiglio'», diceva un attivista su Facebook, mentre i talebani sono in festa, con Nicola Morra, dal Senato, che scandendo un «bene il Direttorio, continua il progetto rivoluzionario», ha fatto capire che altre teste stanno per essere «tagliate», dopo i soliti, inutili, processi sommari sul web. Che fanno salire i clic del blog di Beppe Grillo e i soldi della pubblicità...