Venerdì 26 Aprile 2024

Il volto scavato

CLAUDIO CUMANI

CLAUDIO CUMANI

CLAUDIO CUMANI

COSA RESTA, dunque, di quel volto scavato, figlio delle sofferenze della guerra e delle ambasce della vita? Cosa resta di quella voce strascicata e magnetica che da sola sapeva spezzare il velo immaginario fra la realtà quotidiana e la finzione della scena?

Cosa resta della lezione di Eduardo De Filippo, il grande artista che, insieme a Pirandello e Fo, ha reso europea la scena del Novecento italiano, l’uomo qualunque che prima di entrare in un teatro si toglieva per rispetto il cappello, l’attore che, come diceva Vittorio Gassman, aveva imboccato la strada più difficile, quella della semplicità?

“L’esempio”, dice il figlio Luca che, per affrancarsi dal pesante fardello di un padre importante come questo, ha nella sua carriera affrontato gli autori più diversi ed Eduardo nella maniera forse meno eduardiana che gli fosse consentita.

LA QUALITÀ drammaturgica, diremmo noi. Un patrimonio testuale che ha dimostrato di non essere legato al carisma del mattatore e all’empatia degli straordinari comprimari delle sue compagnie, ma di essere ancorato ai grandi gangli letterari del secolo passato. Carmelo Bene, un altro che sapeva trasformare il recitato in partitura musicale, sosteneva che il legame con il copione sarebbe diventato per Eduardo una trappola e lo avrebbe trasformato in un amato Don Chisciotte.

Non è stato così. Se quel germe non fosse stato gettato come potrebbe essere fioriti, lontano dai silenzi e dai ragionamenti dei suoi personaggi, il disincanto poetico di Massimo Troisi, la vivida scrittura di Enzo Moscato, la colta esuberanza di Arturo Cirillo e via via le lodatissime “Voci di dentro” dei fratelli Servillo o il virtuosistico “Natale in casa Cupiello” dove Fausto Russo Alesi dà vita a tutti i personaggi della commedia. Non filologia ma scavo dei personaggi e delle loro ragioni. «Cosa si può fare per l’attore?», gli avevano chiesto una volta.

E lui: «Complicargli la vita”.