Mercoledì 24 Aprile 2024

Mister Whatsapp agli studenti: "Volevamo crescere, ora abbiamo un miliardo di utenti"

Jan Koum, ideatore dell'app usata in tutto il mondo, racconta ai ragazzi di Quotidiano in Classe la nascita e lo sviluppo della sua idea. Vivace botta e risposta con i giovani nell'ambito dell'iniziativa voluta dal presidente dell'Osservatorio Giovani Editori Andrea Ceccherini

Jan Koum, fondatore di WhatsApp con Andrea Ceccherini (Foto Germogli)

Jan Koum, fondatore di WhatsApp con Andrea Ceccherini (Foto Germogli)

Firenze, 14 ottobre 2016 - “Jan ha dimostrato quanto si possa andare lontano dopo essere andati a fondo. Che questa storia vi metta in gioco”. Il presidente dell’Osservatorio Giovani Editori Andrea Ceccherini introduce così Jan Koum, quarant’anni, il creatore di WhatsApp.

E’ lui il papà di un’applicazione usata oggi da un miliardo di persone nel mondo. Una grande storia di riscatto che ha lasciato un segno in questa giornata che l’Osservatorio ha dedicato ai ragazzi.

Centinaia di studenti di scuole di tutta Italia hanno affollato il cinema Odeon a Firenze per questo incontro. Iniziativa che tra l’altro ha inaugurato la nuova annata di Quotidiano in Classe, il progetto che vede i giornali entrare nelle scuole per abituare i giovani a una lettura critica del mondo. Entusiasmo e tante domande degli studenti per Koum, che hanno potuto parlare con il creatore di un’app che usano sul loro smartphone ogni giorno e per più ore al giorno.

I possibili sviluppi dell’applicazione, il problema del bullismo che spesso da Whatsapp è veicolato: questi alcuni dei punti di maggior interesse, sui quali si sono concentrate le domande. Koum è stato introdotto sul palco dal direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana e dalla presidente Rai Monica Maggioni Whatsapp è un’app d’oro, venduta per 19 miliardi di dollari a Facebook.

"Ma questo non ha cambiato molto la mia vita - dice Koum - Ho sempre la stessa casa e la stessa macchina, lavoro sempre a WhatsApp con il mio team”. Sembra una persona normale questo quarantenne originario dell’Ucraina. Ma la sua storia è eccezionale. Arrivato a sedici anni con la mamma in California come immigrato, ha vissuto il peso di vivere giorno dopo giorno con l’incertezza del futuro e i sussidi del servizio sociale americano.

Poi i primi impegni lavorativi, prima in Ernst Young e poi a Yahoo. Dove incontrò Brian Acton, cofondatore di WhatsApp. “Essere nato in Ucraina, dove la comunicazione era un lusso e il telefono era solo per i ricchi - dice Klum - mi ha sicuramente aiutato a sviluppare l’esigenza di mettere in comunicazione le persone. A quel tempo avere il telefono era pericoloso, perché nell’allora Urss il regime poteva ascoltare le telefonate”.

E in California, la patria del digitale e delle idee innovative, Jan Koum ha trovato nel 2009 un ambiente ideale per sviluppare la sua idea. “Abbiamo creato la società con dieci dollari, da qui è cominciato tutto”, dice. I primi tempi di Whatsapp sono stati duri. Klum lavorava all’idea di un’app per comunicare ma era difficile trovare la via giusta. “Ci siamo trovati di fronte alla possibilità di un fallimento della società. E’ stato un bivio”.

“Il bello di questa storia - dice la presidente Rai Monica Maggioni - è che un possibile fallimento non viene visto come una resa, ma come una parte di un percorso in salita per riuscire”. E Koum è riuscito nel suo intento, inserendo nell’app la possibilità di inviare messaggi diretti. E’ quello il bivio, il momento in cui tutto cambia.

“Gli utenti cominciarono a crescere in maniera uniforme, erano sempre di più. Ogni mese facevamo proiezioni sempre più lusinghiere di quanti utenti avremmo raggiunto”. Nasce a quel punto Whatsapp così come la conosciamo. Certo, tanti cambiamenti da allora sono arrivati, ma non viene meno la filosofia dell’app. “Semplicità e affidabilità sono le due linee guida che ho sempre avuto presente”.

“Ma ci saranno novità nell’app? Sarà possibile effettuare videochiamate?”, chiede una studentessa. “In genere non parliamo degli sviluppi futuri, ma mi piace prendere nota delle esigenze degli utenti. Posso solo dirvi di stare alla finestra”, sorride Koum. Che ora è uno degli esponenti più importanti della Silicon Valley. La cessione a Facebook, il clamoroso esborso di 19 miliardi di dollari per WhatsApp, fece molto rumore.

“Ma quella cessione fu una naturale conseguenza di ciò che stava accadendo - spiega Klum - Avevamo davanti due possibilità, andare in Borsa o vendere. Eravamo una società piccola, andare in Borsa avrebbe significato tutta una serie di elementi (avvocati, gestione dei rapporti con i media). Gl ingranaggi diventano complessi. Facebook è rivolto come noi a un grande pubblico. Hanno capito meglio di tutti la nostra mission.

Con l’acquisizione, è Facebook a gestire tutta una serie di aspetti, a partire da quelli legali, che mi permettono di concentrarmi insieme al mio socio sulla parte ingegneristica, che è quella che ci piace di più”. “Oggi abusiamo delle emoticon, ma non c’è il pericolo che sostituiscano la parola?”, è la domanda di uno studente. “Non credo che l’alfabeto scomparirà, la gente sa adattarsi alle nuove tecnologie. Certo, in molti sono restii ai cambiamenti, questo è sempre accaduto nella storia a partire dalla Rivoluzione Industriale, ma penso che le emoticon non potranno sostituire le parole in futuro”.

La chiacchierata prosegue, tante le domande degli studenti, molto interessati alle tante implicazioni di un oggetto di cui sono in qualche modo dipendenti al giorno d’oggi, perché permette loro di rimanere in contatto con gli amici.

“Vi tranquillizzo sul fatto che le vostre conversazioni saranno sempre protette, il nostro è un sistema criptato, siamo orgogliosi di proteggere la privacy dei nostri utenti”, dice Koum. E a chi gli fa notare che purtroppo WhatsApp è spesso il mezzo con cui si compiono atti di bullismo lui risponde: “Siamo tristi se questo accade, ma è un problema che deve risolvere la società e non certo una app di messaggistica”, risponde ricevendo l’applauso della sala.

Gli studenti incalzano Koum con le loro domande. Dal perché è stato scelto il colore verde (“E’ un colore comune, che la gente conosce, il verde è un colore positivo, è il semaforo che ti dice che puoi andare, il rosso è un colore che suscita emergenza mentre il nero è troppo formale”) alle caratteristiche per lavorare in WhatsApp (“Cerchiamo persone istruite, che abbiano frequentato una buona scuola e che abbiano combinato qualcosa di buono anche al di là del lavoro, come ad esempio aver contribuito a progetti open source”). Il piacevole botta e risposta si conclude.

“E’ suonato il gong, l’incontro finisce qui - dice il presidente Andrea Ceccherini ai ragazzi - Vorrei mettere in evidenza come questa sia una straordinaria storia di un ultimo che diventa primo. E visto che oggi inauguriamo la diciassettesima edizione di Quotidiano in Classe, vorrei iniziare come sempre con una frase degli Indiani d’America: “Ricordati che il mondo non ti è stato dato in eredità dai tuoi padri ma in prestito dai tuoi figli”.

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