Mercoledì 24 Aprile 2024

Caso Apple, il tributarista Uckmar: "La soluzione? Unificare le leggi fiscali nell'Ue"

E caldeggia l'istituzione di un ministro delle Finanze europee

Victor Uckmar (Crocchioni)

Victor Uckmar (Crocchioni)

Milano, 30 agosto 2016 - Le grandi imprese, compresi  i giganti di Internet, devono versare le tasse sui  loro profitti. E se non lo fanno, o lo fanno in maniera irrisoria, si crea una forma di "concorrenza sleale" sia tra le aziende sia tra i Paesi. Ma se è comprensibile l’intervento della Commissione europea nel decidere di chiedere ad Apple il versamento di 13 miliardi di euro di imposte non versate all’Irlanda sono altrettante legittime sia la risposta del governo di Dublino che quelle tasse non le ha mai chieste e non vuole riscuoterle sia la replica del  colosso guidato Tim Cook che sostiene di avere rispettato la legge. Perché il difetto, secondo Victor Uckmar, uno dei più importati tributaristi e fiscalisti italiani, sta proprio nelle norme.

In che senso professore?

"Il problema nasce all’inizio, ovvero dalla decisione, all’interno della formazione dell’Unione europea, di escludere qualsiasi intervento di Bruxelles sul fronte delle imposte dirette, come quelle oggi richieste ad Apple. La Commissione europea si è ricavata margini d’intervento solo per quanta riguarda le imposte indirette, dall’Iva alle accise ai dazi doganali ma ha lasciato ai singoli Stati tutti i provvedimenti riguardanti le tasse dirette, tra le quali rientrano anche quelle sugli utili prodotti dalle aziende".

Questo significa che i 13 miliardi richiesti potrebbero finire in una bolla di sapone?

"Non so come evolverà la vicenda, ma quel che è certo è che Dublino, stando come dicevo alle normative europee, ha il pieno diritto di sostenere che in Irlanda è il governo a decidere sulle imposte dirette. Del resto in tutti questi anni, mi ricordo solo l’intervento della Corte di Giustizia europea che emise un verdetto per un giornale inglese che aveva trasferito la sua sede in Irlanda proprio per abbattere il peso fiscale".

Per evitare situazione ambigue come questa che cosa servirebbe?

"Una modifica delle leggi europee che portino a una vera e reale unificazione anche delle normative fiscali. E quindi all’istituzione di un ministro delle Finanze europee. Un giurista che si occupi del tema delle tasse. Ma, se devo dirlo, da tempo anche in Italia non abbiamo più il ministro delle Finanze che sappia mettere ordine in un sistema che dopo la riforma degli anni Settanta è diventato iper complesso e, oserei dire, quasi allo sfascio. E per questo con l’adesione di tanti tributaristi organizzeremo un convegno il 14 e il 15 ottobre a Genova per parlare di questo tema".

Professore, torniamo invece al  tema Apple. Come si risolve il problema delle grandi imprese, in particolare di Internet, che non pagano le tasse dove operano al di là della questione irlandese?

"Oltre, come dicevo, all’esigenza di una comune normativa europea sul Fisco bisognerebbe superare anche l’ostacolo delle attuali convenzioni in tema di tasse che prevedono che le imposte si paghino dove si forma il reddito e se esiste una stabile organizzazione della società. Ma nel mondo attuale queste distinzioni sono ormai superate e bisognerebbe introdurre un regime fiscale che preveda il versamento delle imposte in base anche all’utilizzo dell’etere, cioè a tutti i servizi che vengono forniti sul territorio di un Paese altrimenti continueremo ad assistere ai comportamenti, come quelli di Apple e di altri grandi imprese di Internet, che praticano, servendosi delle attuali normative, un’elusione fiscale non condannabile. Ma che alla fine produce anche una concorrenza sleale".

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