Venerdì 26 Aprile 2024

Scambio di neonati nella clinica. Mamme a casa con le figlie sbagliate

Avellino, l’errore scoperto controllando i braccialetti. Bimbe restituite

Il reparto maternità di un ospedale

Il reparto maternità di un ospedale

Avellino, 13 ottobre 2017 - Una storia che fa venire in mente la trama del film Il 7 e l’8, degli attori siciliani Ficarra e Picone, pellicola di dieci anni fa. Sembrava una fantasia superata, quello dello scambio in culla: bambini nati lo stesso giorno, tutine di ugual colore, infermiere distratte. Una cosa, di tanto in tanto, evocata per riderci un po’ sopra e, magari, imbastirci il plot di una commedia. E invece, nonostante l’irrompere delle tecnologie in sala parto, è un incidente che può ancora succedere e, quindi, è meglio tenere gli occhi aperti per evitare di portarsi a casa il figlio biologico di un’altra.  Un caso clamoroso che, per fortuna, ha avuto conseguenze limitate, è avvenuto ad Avellino. Qui due giovani mamme, lunedì 9 ottobre, partoriscono due femminucce in una clinica molto nota nel capoluogo irpino. Due giorni dopo, se ne tornano a casa, felici e contente, con il loro batuffolo rosa in braccio e iniziano il tran tran domestico.  Tutto sembra filare tranquillo. Passano poche ore e, in uno dei due nuclei familiari, entrambi residenti ad Atripalda, un comune distante cinque chilometri da Avellino, il papà della bambina si accorge che qualcosa non va.   L’uomo riscontra infatti che il numero segnato sul braccialetto al polso della neonata, che sua moglie allatta ormai da tre giorni, è diverso da quello riportato sul braccialetto che indossa la mamma. Si tratta di una fascetta colorata che viene allacciata in sala parto alla partoriente e alla neonata e che riporta un numero (raramente c’è anche un nome). In qualche ospedale è quello del letto in corsia, in altri nosocomi è il numero progressivo di nascite nell’anno. Certo è che è i due numeri devono coincidere.  Invece, stavolta, il colore è lo stesso, ma i numeri sono diversi. Scatta l’allarme. La famiglia con la neonata corre in clinica a chiedere spiegazioni, mentre della cosa viene informata anche la questura di Avellino. In poche ore viene convocata l’altra madre che sta allattando, anche lei ignara, la bambina scambiata per errore. Il confronto diventa concitato, con accuse a ginecologi e infermiere del nido. Si ricorre anche al riconoscimento facciale, con l’esame delle foto scattate, subito dopo la nascita, in sala parto. Alla fine si prende atto dello scambio, della distrazione che rischiava di essere definitiva, nel caso i braccialetti fossero finiti nella spazzatura o conservati in ordine sparso. Le bambine vengono restituite alle mamme biologiche, mentre i papà presentano una denuncia al vicequestore Elio Iannuzzi. Intanto nella clinica irpina viene aperta un’indagine interna.    Qualcosa non ha funzionato nel sistema dei controlli, diffusi e standardizzati in tutt’Italia: oltre alla fascetta al polso, viene attaccato infatti anche un adesivo alla cartella clinica del neonato. Il caso delle bimbe di Avellino riporta alla mente quello più eclatante scoperto due anni fa. Antonella, una ventiseienne di Bari, aveva trascorso tutta la sua vita in una famiglia indigente. Attraverso l’esame del Dna, aveva poi scoperto di essere stata scambiata di culla nell’ospedale di Canosa e aveva chiesto un risarcimento di 9 milioni di euro per il danno subito alla qualità della sua vita.