Giovedì 2 Maggio 2024

Amri ucciso, Gabrielli: "Fare nomi degli agenti non è errore"

Il capo della polizia dopo la polemica sulla dioffusione dei nomi degli agenti che hanno fermato il killer di Berlino: "Non c'è alcuna esposizione ma un riconoscimento chiaro"

Il capo della polizia Franco Gabrielli (Ansa)

Il capo della polizia Franco Gabrielli (Ansa)

Roma, 24 dicembre 2016 - Dopo la polemica scoppiata sulla diffusione di nomi e foto degli agenti che hanno ucciso il killer di Berlino Anis Amri, interviene il capo della polizia Franco Gabrielli. "Non c'è alcuna esposizione, ma un riconoscimento chiaro. Una sottolineatura per mettere al centro chi ha reso possibile tutto questo, rischiando la propria vita", ha spiegato Garbielli. Ieri i profili Facebook dei due agenti, Luca Scatà e Cristian Movio, sono stati oscurati. Una mossa per tutelarli giudicata però troppo tardiva da alcuni visto che i nomi e le foto degli agenti erano già stati diffusi dalla polizia e dal ministro dell'Interno Marco Minniti. "E' stata una follia rendere noti i nomi dei poliziotti - aveva accusato ieri il Cosip, il sindacato di polizia - C'è infatti il timore che gli agenti, ma anche le loro famiglie, possano subire delle ritorsioni da parte dei terroristi islamici". 

Timori che Gabrielli cerca di tranquillizzare: "Fare i nomi con questo tipo di terrorismo - spiega il capo della Polizia - non è né un errore né un'esposizione, perché non siamo in presenza di un terrorismo come quello che abbiamo conosciuto negli anni settanta, un terrorismo endogeno che ha interesse a colpire il singolo, dunque Franco piuttosto che Mario o Cristian. Qui ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso". La preoccupazione, infatti, "non è per le individualità, ma per l'appartenenza: sono a rischio tutti coloro che rappresentano le forze di polizia e hanno una divisa". Per questo ieri mattina, a poche ore dalla sparatoria di Sesto, Gabrielli ha firmato la circolare in cui chiede "massima attenzione" perché non è possibile escludere "azioni ritorsive" nei confronti delle forze di polizia.

"Sono sette mesi - prosegue Gabrielli - che dico attenzione, ognuno di noi può essere un obiettivo. Ma sono anche mesi che lavoro sull'orgoglio e sul senso di appartenenza dei poliziotti e degli uomini e delle donne delle forze di polizia e, nel momento in cui è fondamentale tenere alto l'orgoglio di chi vive con la divisa, il ministro non ha fatto altro che galvanizzare chi ogni giorno opera indossando proprio una divisa". Dunque nessuna esposizione e polemiche inutili. "È abbastanza avvilente - conclude il capo della Polizia - che mentre tutto il mondo parla di noi e si complimenta con la Polizia per il lavoro svolto, noi continuiamo a farci del male guardando il dito e non la luna".