Italiani in fuga, Michele: "Difficile tornare, guadagnerei poco"

Michele Rubini, 34enni di Terni, da 11 anni gira il mondo come operatore turistico

Michele Rubini, 34 anni

Michele Rubini, 34 anni

Roma, 18 ottobre 2017 - «In Italia mi piacerebbe lavorare, ma il costo della vita è troppo alto e gli stipendi sono troppo bassi, e alla fine non mi conviene, perché faticherei ad arrivare a fine mese». Michele Rubini è un 34enne diplomato della provincia di Terni che lavora principalmente nel settore turistico, dove ha svolto diverse mansioni: dal cameriere di ristorante al servizio in camera negli hotel, dall’animatore nei villaggi all’aiuto cuoco e al receptionist. Ma ha anche fatto altri mestieri, come il manovale e il fabbro. Fin qui, in fondo, nulla di strano. Se non fosse che il suo curriculum ha una particolarità: anche se il nostro è un Paese che vive di turismo ed è pieno di hotel e ristoranti, lui lavora soltanto all’estero. E ha girato mezzo mondo.

Una scelta economica, quindi? «In parte sì. In Italia per quello che faccio si guadagna troppo poco. Non mi rimarrebbe granché da mettere da parte. C’è troppa burocrazia e le tasse sono altissime. A volte accetto contratti all’estero alle stesse cifre, o anche meno, ma è decisivo il costo della vita. In altri Paesi è il contrario: per esempio quando ho lavorato in Australia le spese erano più alte, ma gli stipendi lo erano molto molto di più».

Ultimo lavoro? «A Naxos, l’isola greca nelle Cicladi. Ho appena finito. Ero alla reception di un albergo. In Grecia la vita costa molto di meno. Vorrei precisare una cosa, però».

Prego… «Non parlo solo per esperienza personale: conosco diversi ragazzi che fanno quello che faccio io, che lavorano all’estero e non in Italia. Noi non stiamo scappando solo per lo stipendio. Certo, percepiamo l’Italia come un Paese in cui sta diventando difficile costruire un futuro stabile. Ma abbiamo anche una motivazione più ampia, di tipo psicologico e culturale. Abbiamo voglia di metterci in gioco, visitare posti nuovi, fare nuove esperienze, imparare nuove lingue, assaggiare sapori diversi. Non è solo una fuga, ma è anche una ricerca di qualcosa. Questo esodo di ragazzi italiani va anche letto in chiave positiva, insomma».

In quanti posti ha lavorato finora?

«Ho girato parecchio, in Italia trascorro solo un paio di mesi l’anno. Ho lavorato in Australia, Thailandia, Grecia, Egitto, Regno Unito, Spagna, Irlanda e altri ancora».

Quando ha iniziato? «Sono già 11 anni che faccio questa vita nomade. Avevo circa 23 anni, ero diplomato ma non mi ero iscritto all’università. Quando ho visto che la situazione sociale ed economica si stava deteriorando, ho deciso di provarci, di rischiare».

Il prossimo lavoro? «Andrò in India e poi forse alle Maldive, dove ho dei contatti. Poi si vedrà».