Lunedì 20 Maggio 2024

Denunciò 12 volte il marito che poi la uccise. Condannati i pm

La corte d'Appello di Messina: non trovarono il modo di fermarlo

Toghe di magistrati in una foto di archivio (Ansa)

Toghe di magistrati in una foto di archivio (Ansa)

Messina, 13 giugno 2017 - Aveva denunciato il marito per minacce di morte ben 12 volte, ma l'uomo non fu fermato. Finché Marianna Manduca fu uccisa. Dieci anni dopo, la Corte d'appello di Messina ha condannato i magistrati che lasciarono nella possibilità d'agire il marito violento. La corte ha stabilito che ci fu dolo e colpa grave nell'inerzia dei pm che, dopo i primi segnali di violenza da parte di lui, non trovarono il modo di fermarlo, nonostante le reiterate denunce della donna. La condanna si rifà alla legge sulla responsabilità civile dei magistrati e riguarda due pubblici ministeri che nel 2007, anno in cui fu compiuto l'omicidio, lavoravano alla procura di Caltagirone (Catania). Insieme ai due pm è stata condannata al risarcimento delle parti civili anche la Presidenza del consiglio dei ministri, che dovrà pagare una somma di circa 300mila euro ai tre figli minori della coppia, rimasti orfani di madre e con il padre in carcere.

LA VICENDA - Marianna Manduca è stata uccisa dal marito Saverio Nolfo, con cui aveva tre figli, 10 anni fa a Palagonia (Catania). La donna per mesi aveva denunciato di aver subito da lui minacce di morte. Dodici le querele presentate e "ciononostante - si legge nel provvedimento - la Procura della Repubblica di Caltagirone nulla ha fatto per impedire la consumazione dell'omicidio della donna". Ora l'uomo è in carcere, dove sconta 20 anni per omicidio. A prendersi cura dei tre figli della coppia, che all'epoca dei fatti avevano 3, 5 e 6 anni, è stato un parente della donna, Carmelo Calì. Lo stesso che ha intentato la causa, deciso nell'andare a fondo sul fatto che le denunce della vittima non avevano avuto un seguito. Si è aperto un procedimento lungo con diversi passaggi che è sfociato nella sentenza del Tribunale civile di Messina che ha riconosciuto il danno patrimoniale.

"GIUSTIZIA E' FATTA" - "È stata una battaglia dura ma alla fine abbiamo ottenuto giustizia, con questi soldi per il risarcimento sono sicuro riusciremo a fare crescere con più serenità i tre ragazzi". Commenta così la sentenza Carmelo Calì, cugino della vittima. "Questa del Tribunale di Messina - prosegue - è una sentenza importante per tutti quelli che si sentono danneggiati da un errore dei magistrati. Io quando mia cugina è morta ho richiesto di adottare questi ragazzi che sono rimasti senza punti di riferimento, ma era giusto avere anche giustizia per la morte della mia povera cugina che era stata maltrattata dal marito in vita ma anche dallo Stato che non è mai intervenuto". "Sono felice - conclude - per i ragazzi. Io ho delle difficoltà economiche perché con mia moglie avevamo già altri tre figli naturali e non è facile al giorno d'oggi portare avanti una famiglia numerosa ora dopo la sentenza sarà più facile".