Giovedì 25 Aprile 2024

Capossela, la vita come una fiaba. "Ecco il mio Natale rock ’n’ roll"

Riti e leggende luccicanti per il cantautore, fra libri e dischi

Vinicio Capossela (Ansa)

Vinicio Capossela (Ansa)

BOLOGNA, 22 DICEMBRE 2015 - ECCOLO, il cantore delle sottigliezze estreme, che passa dal sussurro scanzonato di ballad e serenate allo stridio lancinante di marcette, lamenti e pezzi di profondità. Sprazzi di genialità reiterata quasi per blocchi, sigillati nel tour “Qu’ ART de siècle” per i venticinque anni di carriera di Vinicio Capossela, partito dal teatro Des Bouffes du Nord di Parigi, concluso ieri a quello dell’Opera di Roma. Cui si assommano un libro candidato allo Strega (“Il Paese dei Coppoloni”), che diventa docu-film in uscita il 19 e il 20 gennaio e un nuovo disco. Giusto il tempo per riavvolgere il nastro delle emozioni di un Natale denso di arcano e di fiabesco scollinante dai molti mondi di un viandante che continua a far battere mani e cuori. Dai sold out nei luoghi dell’altrove (geografico) ai luoghi che ne hanno plasmato i sogni. Ripartendo dall’instant concert della riconoscenza di stasera alla Cantina Bentivoglio di Bologna. 

Capossela, pochi artisti al mondo hanno stabilito un feeling altrettanto intenso con le feste dicembrine, dal Natale a tutto quello che vi ruota attorno: riti, sfavillii, culti plurimillenari tramandati dal remoto sud italico. 

«Il mio rapporto col periodo natalizio, senza volere fare paragoni troppo altolocati, è un rapporto di nascita. Sono nato in dicembre, e forse per questo mi sono sempre piaciute lucine, fantasmagorie, lupi mannari e creature natalizie. Quando penso al Natale, penso a una cosa molto rock ’n’ roll, penso ai Pogues, ma anche a Louis Prima, che se pure non ha mai interpretato un brano del repertorio delle candeline fa la musica più natalizia che conosca».

Un genere che lei ha reso sapido di geniali trovate. 

«Soprattutto con i “Concerti per le feste”, a partire dal 1999. Ripetuti il 25 dicembre per quindici anni consecutivi al Fuoriorario di Taneto di Gattatico, nella pianura reggiana. Col tempo mi sono appassionato all’arcaico delle leggende, dei riti legati alla stagionalità. La storia delle dodici notti, questo tempo di nessuno che appena una porta si apre alla fine dell’anno, permettendo il passaggio di creature ctonie, del mondo di sotto, mi affascina. Anche a loro è dedicato il prossimo disco che si intitolerà “Canzoni della Cupa”. A Natale si torna a casa, e io sono cresciuto in provincia di Reggio Emilia, sulla pedemontana. Quella di Taneto è stata una ritualità legata all’amicizia con Franco Bassi, patron del Fuoriorario, che si è allargata fino a diventare più grande di noi». 

Nel rendez-vous della Bentivoglio in cui l’accompagnano Jimmy Villotti, Piero Odorici ed Enrico Lazzarini c’è quel che di dedica al “maestr One” Guccini, che la scoperse, e a Renzo Fantini che palpitava, organizzava e produceva nel backstage. 

«I locali del jazz di Bologna sono stati la mia prima casa. La Cantina, il Chet Baker... importunai il grande maestrOne, più per chiedergli consigli su qualche locale in cui suonare che per fare un disco. Ma questi due giganti, Francesco e Renzo, si chinarono sulla mia piccola vita per ascoltarne il pigolio e mi diedero la possibilità di fare musica».

Come dire che la fortuna a volte sa essere occhiuta... 

«Soprattutto perché fui introdotto in questa seconda famiglia di straordinari musicisti, tra i quali ancora vigeva quella nobile cosa di avere cura dei giovani, insegnare, passare il testimone. A questo servono i maestri, a non fare spegnere la scintilla, a passarla a chi viene dopo. Dunque la scaletta farà capo a quei brani che mi fecero sentire a casa in quella famiglia».

Subito dopo Qu’ART de Siècle diventa Giubileum di Natale al Vox di Nonantola (il 26) e al Vidia di Cesena (il 28): due delle venue date alla musica che più ama. 

«L’ho detto, c’è del rock’ n’ roll nel periodo natalizio, qualcosa che rende barcollanti, appiccicosi di spumante, qualcosa che porta a scalciare a vuoto e ad abbracciarsi. Per questa musica ci vogliono i rock club, forniti di bar. Posti in cui reggersi in piedi l’un l’altro per tener botta, una botta di euforica fraternità. Occasione per rievocare quel Natale che racconto nelle fiabe, come “Il Gigante e il Mago” contro la sparizione dell’inverno, argomento contenuto anche nell’ album in studio “Da solo”».