Giovedì 25 Aprile 2024

Bruce Springsteen, i 40 anni di Born to run

Ecco come è nato l'album simbolo del rock

Bruce Springsteen, 40 anni di Born to run. La copertina (Ansa)

Bruce Springsteen, 40 anni di Born to run. La copertina (Ansa)

New York, 24 agosto 2015 - Quattro decenni ed è ancora una pietra miliare del rock. Compie 40 anni 'Born to run', il disco di Bruce Springsteen pubblicato il 25 agosto del 1975 che ha elevato il Boss a mito indiscusso della musica. Nel 1975 Springsteen ha 26 anni e un contratto in scadenza con la Columbia, pronta a recedere se il terzo album dovesse rivelarsi un flop come i primi due sul piano delle vendite. Dal possibile fallimento al successo: quando 'Born To Run' esce, Springsteen finisce in copertina su 'Time' e 'Newsweek'. E' la svolta. Dal sogno americano alla ferita del Vietnam, dal disincanto della gioventù alle consapevolezze della maturità. Born to run è la storia di un difficile passaggio: "Fu la linea di demarcazione". 

Born to run, il video ufficiale

SIAMO tutti nati per correre. A vent'anni corriamo per fuggire al destino che gli altri hanno immaginato per noi, e per raggiungere quello che sogniamo. "In un momento storico come il 1974, sebbene ci si stesse ancora dibattendo negli strascichi dei disordini di piazza e della crisi economica, Asbury Park riusciva comunque a tornare in vita nei venerdì e nei sabato sera. Verso il lungomare, la Kingsley e la Ocean Avenue formavano una sorta di pista ovale chiamata 'the Circuit'", scrive Bruce Springsteen nel libro di canzoni e ricordi 'Songs'. "Quell’estate acquistai il mio primo 'treno su gomme' per duemila dollari. Si trattava di una Chevy del ’57, aveva carburatori doppi a quattro cilindri e fiamme arancioni dipinte sul cofano. Vivevo in una piccola casa a West Long Branch. Tenevo un registratore accanto al letto. Alla notte mi coricavo dopo aver messo su dischi di Roy Orbison, dei Ronettes, dei Beach Boys... All’inizio non avevo colto la profondità di quegli album, ora cominciavo ad apprezzarne la carica artistica".

O LA VA O LA SPACCA. L’album di Bruce Springsteen 'Born to Run' venne pubblicato il 25 agosto 1975. All’inizio di quell’anno Springsteen è un artista di 26 anni con le spalle al muro. Il contratto per tre album firmato con la Columbia, dove era stato ingaggiato dal leggendario John Hammond, era arrivato alla scadenza. I primi due, 'Greetings From Asbury Park' e 'The Wild The Innocent and The E Street Shuffle' (con brani come '4th of July', 'Incident on 57th Street', 'Kitty’s Back', 'Rosalita' per non dire di 'New York City Serenade') non erano andati bene sul piano delle vendite e l’intenzione della Major era di mandarlo a casa se il terzo album avesse avuto lo stesso destino. Con una lunga gavetta alle spalle, Bruce e i suoi erano al verde e avevano in programma un solo concerto. Le cose con Mike Appel, il primo produttore manager, cominciavano ad andare male; David Sancious, il formidabile pianista della prima E Street Band se n’era andato, 'Mad Dog' Vinnie Lopez, il primo batterista, era stato licenziato. Nella band erano subentrati, dopo audizioni, 'Professor' Roy Bittan e Max Weimberg. Ma il fatto era: se il terzo disco va, bene. Sennò finisce tutto.

"UN GIORNO suonavo la chitarra seduto sul letto - scrive ancora Springsteen - lavorando su alcune idee per future canzoni, quando mi vennero alla mente le parole 'Born to run', nato per correre. All’inizio pensai si trattasse del titolo di un film o di una qualche scritta che avevo letto su una macchina che sfrecciava lungo il 'Circuit', ma non ero sicuro. La frase mi piacque perché mi fece pensare a una sceneggiatura cinematografica e mi sembrava si sarebbe adattata bene alla musica che avevo in testa". 

PER SCRIVERE l’intera canzone, gli ci vollero sei mesi. Nel frattempo era entrato nella band 'Miami' Steve Van Zandt, leggendario fratello di musica (e non solo) del Boss e figura centrale per il sound del gruppo. C’erano tre questioni in ballo: una riguardava strettamente la musica, gli arrangiamenti, un’idea di arrangiamenti in 'cinemascope' . L’erede di Dylan Bruce aveva ora l’ambizione di dare corpo a una sua idea di epos musicale, una sua rilettura del 'Wall of Sound' di Phil Spector. Le cose in studio non andavano nel verso giusto, ed è qui che entra in campo definitivamente Jon Landau (il giornalista di “Rolling Stone” che ha scritto: "Ho visto il futuro del rock’n’roll il suo nome è Bruce Springsteen"). Landau decide di cambiare studio di registrazione e di fatto subentra ad Appel nel ruolo di produttore, aiutando Bruce a tirare le fila del suo capolavoro. Un’ altra questione riguardava il cinema. Bruce immaginava il disco come un film: provincia americana, gang suburbane, ragazzi inquieti, diversi personaggi (Mary, Scooter, Big Man, Terry, Wendy, Eddie, Magic Rat...) catturati in una notte d'estate. Infine l’ultima questione: la storia da raccontare.

La traduzione della canzone Born to run

«'BORN TO RUN' nacque nell’America post Vietnam. Si stava profilando una crisi petrolifera: niente petrolio, niente macchine. La gente cominciava a capire di trovarsi in un paese con dei vincoli, dove la vita e le risorse erano soggette ad avere dei limiti - scrive ancora Bruce - . Lentamente, la paura che ero riuscito a tenere lontano da 'Rosalita' riuscì ad aprirsi un varco nella vita delle persone di 'Born to run'. I temi fondamentali che avrei approfondito in seguito presero forma nelle canzoni inserite nel disco ('Voglio sapere se l'amore è vero'). Quello fu l’album in cui superai le mie concezioni adolescenziali dell’amore e della libertà. 'Born to run' fu la linea di demarcazione».

IN FUGA dal Sogno americano infranto, in volo sulla linea d'ombra che separa la giovinezza dalla maturità, per scappare da una città di perdenti ('Thunder Road'), verso una terra promessa che chissà se esiste, chissà se è vera. La storia da raccontare era contemporaneamente la forza di una gioventù piena di speranza, e la malinconia della coscienza che questa speranza aveva troppe possibilità di andare delusa. Per questo siamo tutti nati per correre. Quarant’ anni fa come oggi. Non è questione di muscoli, di macchine, di età. Continueremo per sempre a correre, per ritrovare quello che da ragazzi avevamo sognato per noi. Pure sapendo di averlo perduto. Né mai raggiunto.