Venerdì 26 Aprile 2024

Il bikini da 70 anni sul corpo delle dive

Il 5 luglio nasceva in Francia un primitivo triangolo dei desideri

Ursula Andress (1962) e Laetitia Casta (1998)

Ursula Andress (1962) e Laetitia Casta (1998)

Roma, 17 maggio 2016 - OGGI non fa più scandalo. Anzi, il bikini appare quasi come un capo da relax, un complemento alla bellezza femminile quasi discreto. In colori carioca, fiorito, minimal, con le coppe col ferretto o a triangolo anni Settanta. Quasi pudico almeno al confronto con certe “sceneggiate” di stile che si vedono non più sulle spiagge ma sui red carpet, come nel caso di Madonna al Met Ball, giorni fa, con una mises quella sì da censura. Insomma, la rivoluzione del bikini oggi che festeggia i suoi primi 70 anni (le candeline si spengono il 5 luglio) è compiuta, pancia in dentro e petto in fuori da pin-up come per le miss anni Cinquanta alla Sophia Loren; resta solo un ricordo, una tenera nostalgia di un’Italia che affidava alle maggiorate tutte le sue speranze. Una storia piena di facce e di fatti questa dei due pezzetti di stoffa che dal 1946, anno dell’invenzione del sarto francese Louis Reard, in poi hanno dettato l’altalena delle nudità ostentabili e delle libertà femminili, fino ad oggi che pare aver perso ogni significato di seduzione. Oppresso da effetti passerella che non aspettano certo più l’estate per scatenare i desideri dei maschi, il bikini è diventato ormai un grande classico del guardaroba delle donne, un capo trasversale per età, un compagno d’abbronzatura perfino discreto.

PASSATA l’orgia delle bretelline che si slacciavano con movimenti da contorsionista sulla sabbia, morto e sepolto il monokini (1964) che pure è stata la bandiera di tante ex ragazze oggi donne in carriera, dimenticato lo scomodissimo trikini, oggi il bikini abbraccia tutte le forme, diventa retrò con la mutanda alta che segna la vita, esplode nella fasce che trattengono seni più o meno rifatti, sembra un po’ deriso dalle ragazzine che preferiscono il costume intero.

Nell’immaginario collettivo restano le povere ma belle del dopoguerra che si bagnavano nel Tevere, la seduzione totale di Rita Hayworth con quel due pezzi che la rese celebre come l’“atomica”, la malizia fresca di Stefania Sandrelli in barca con Mastroianni-Don Fefè in “Divorzio all’italiana”, l’esplosione di carne di Raquel Welch, i quadretti Vichy di Brigitte Bardot. Su tutti il sogno di Ursula Andress come Venere per “Agente 007 licenza di uccidere”, insuperata bellezza e insuperato bikini, attrezzato per il seno da pazzi e per il pugnale che corazzava i magnifici fianchi.

Era il 1962, sembra il Medioevo della moda. La replicante Halle Berry, Bond girl nel 2002, non se la filò nessuno, o quasi. Poi è arrivata la moda, sono arrivati gli show di Victoria’s Secret, oggi spopola Gigi Hadid con una bella terza misura. E il bikini è diventato sempre un po’ più ovvio e banale. Sarebbe bello che si risvegliasse, e insieme a quei micro pezzetti di stoffa si risvegliassero anche i desideri degli uomini. Senza dimenticare la voglia di dare battaglia delle donne. Col corpo che piace a loro, spogliato senza diktat stilistici, come piace a loro.