Giovedì 2 Maggio 2024

«Basta con i signori del terrore» Il Papa: la guerra e solo follia

Nina Fabrizio ROMA VENTIDUE gradoni di marmo bianco lastricati dalla scritta spoglia ed esaustiva Presente a dominare il più imponente tra i sacrari militari italiani, ultima stazione per 100mila caduti, 60mila ancora senza un nome. A un chilometro di distanza, cinto da un austero muro di pietra, il cimitero austro-ungarico, tomba, invece, per 14.406 combattenti del fronte nemico. A Redipuglia riposano le une di fronte alle altre le vittime della Grande Guerra frutto dei conflitti che «non guardano in faccia a nessuno, vecchi, bambini, mamme, papà». In questo luogo simbolo che tutto attorno, dai sacrari alle tracce visibili delle trincee, parla al mondo dello spaventoso abisso in cui l’Europa precipitò cento anni fa, Papa Francesco ha lanciato, nell’anniversario, il suo grido contro l’insensatezza dei conflitti, «anche ai nostri giorni». «La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione», ha ammonito Bergoglio, celebrando, dopo una breve sosta in silenziosa preghiera nel vicino cimitero austro-ungarico, una messa commemorativa dal sacrario italiano per tutti i caduti dell’ «inutile strage», come la definì Benedetto XV nel 1917. Follia non senza responsabili, però. «Oggidietro le quinte — ha puntato il dito Bergoglio — ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi che sembra essere tanto potente». La cupidigia, l’intolleranza e l’ambizione al potere alla base dei conflitti sono «spesso giustificati da un’ideologia». Ma a gettare il mondo nel precipizio della guerra c’è di più. Francesco ha lanciato un duro atto d’accusa contro l’umanità indifferente, contro chi ha fatto come Caino che mosso da «un impulso distorto» ha ucciso suo fratello pensando «a me che importa». «Anche oggi forse si può parlare di una terza guerra mondiale combattuta ‘a pezzi’, con crimini, massacri». Colpevole è anche chi con le sue «omissioni», rimane fuori con l’alibi di dire, come Caino, «sono forse io il custode di mio fratello?». DA REDIPUGLIA il Papa ha chiesto ai «pianificatori del terrore» e agli «imprenditori delle armi» la conversione del loro «cuore corrotto». All’umanità di aprirsi al pianto per accogliere il tempo del «perdono», del «dolore». Quel dolore che il Pontefice argentino di origini astigiane ha appreso da suo nonno, combattente della Grande Guerra. Giovanni Carlo Bergoglio, come spiega il foglio matricolare che Francesco ha ricevuto in dono al termine della messa, al fronte fu chiamato nel 1916, a 32 anni. Assegnato al 78° reggimento di fanteria come telegrafista per la sua qualità rara all’epoca di saper leggere e scrivere, combatté in prima linea, sul Medio Isonzo divenendo testimone degli orrori della guerra. Trasmessi a suo nipote che da Papa, oggi, li avrebbe condannati.