Mercoledì 24 Aprile 2024

Vingegaard, il re umile può diventare mito

Le pagelle del Tour: il danese trionfa e prenota altre imprese nel duello con Pogacar, Van Aert senza limiti. I nostri mai protagonisti

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di Angelo Costa

Tour in archivio. Parigi val bene un pagellone finale.

100 (DI QUESTI) TOUR

Edizione memorabile: mai una tappa da sbadigli, ritmi folli (oltre 42 la media finale, record di sempre), storie bellissime, vincitori di qualità, due fenomeni a contenderselo e un terzo (Van Aert) a illuminarlo tutti i giorni. Chi dice che il Giro è alla stessa altezza guarda un altro sport.

10 VINGEGAARD

Perfetto, quasi chirurgico: con due attacchi in salita si porta a casa altrettanti tapponi e la maglia gialla, con due bei gesti (aspettare Pogacar dopo la caduta e calare il ritmo per non togliere la crono al compagno Van Aert) dimostra che persona sia. Che vinca la Coppi e Bartali sulle strade di Romagna o il Tour a 25 anni dopo aver fatto secondo un anno fa al debutto cambia poco: il ragazzo che si alzava all’alba per lavorare al mercato del pesce prima di allenarsi resterà sempre tutto bici e famiglia, a parte qualche volo in Inghilterra a tifare Liverpool. Secondo danese nell’albo d’oro, più amato in patria di Riis che vinse in Francia aiutandosi col doping, il re pescatore ha tutto per diventare leggenda e niente per diventare personaggio.

10 VAN AERT

Uomo copertina di questo Tour. Vi si spalma sopra dal primo all’ultimo giorno, vincendo in tutti i modi possibili: fuga, volata, crono, persino in montagna ci va a un passo. Mai visto un corridore totale come lui, buono per tutte le stagioni e tutti i terreni, dalla strada al cross fino alla neve: ricorda Hulk, non per la maglia verde, ma perchè è incredibile.

9 POGACAR

"Cosa è successo? Niente, ha vinto il migliore". Presentatosi in Francia da strafavorito dopo due trionfi in fila, il bimbo prodigio cade senza scuse: dopo aver provato in tutti i modi a batterlo, con tre tappe vinte e altri quattro podi, ammette la superiorità dell’avversario. E’ la conferma della statura di un campione che ha finalmente trovato la sua bestia nera: con duellanti di questo calibro, il ciclismo può solo ringraziare.

8 JUMBO

Vince sei tappe, conquista tre maglie (gialla, verde e pois) su quattro, tiene al guinzaglio la corsa dal primo all’ultimo giorno, facendola sempre e non subendola mai: Vingegaard è super, ma anche chi lo accompagna non scherza.

7 THOMAS

Correre un grande Tour, perfino migliore di quello vinto quattro anni fa, gli regala il podio a 36 anni: primo dei terrestri, con quei due là davanti non è poco.

5 COVID

Spedisce a casa qualche nome illustre (Martin, Mas, Froome, Caruso), a qualcun altro consente di vincere da contagiato (Jungels), ma tutto sommato lascia stare la classifica che conta. E’ comunque un pensiero in più per chi ne ha già abbastanza da affrontare.

3 LE NOBILI DECADUTE

Due podi di giornata l’Italia, che non piazza nessuno nei primi trenta in classifica, tre podi la Spagna, col veterano Sanchez nei primi quindici. Per il nostro ciclismo è il terzo anno senza tappe, per quello iberico il quarto: con Valverde e Nibali avviati alla pensione, i loro eredi hanno già iniziato a farli rimpiangere.