di Paolo Franci
"I was hoping to die first". Che poi sarebbe la traduzione più o meno centrata di "Speravo de morì prima", la fiction su Francesco Totti con la scena clou in cui CastellittoTotti apprende di non essere convocato per la partita con il Palermo e litiga di brutto con un furiosissimo TognazziSpalletti. E chissà che tra un po’ qualcuno non decida di girare l’english version con Cristiano Ronaldo protagonista. Anche perchè in fondo, il tema è lo stesso: il declino di un campione unico che si ostina a voler piegare il tempo nella speranza di essere ’quello di una volta’.
E così, se a Totti capitò di essere messo in un angolo -con atteggiamenti spallettiani discutibilissimi e Totti non esente da responsabilità nel duello con Big Luciano - e rispedito a casa prima della partita con il Palermo nel febbraio del 2016, lo stesso succede a Cristiano Ronaldo con Ten Hag.
Ad accendere la miccia a Trigoria fu un tackle durissimo di Totti su Spalletti a mezzo intervista tv proprio mentre il tecnico ne annunciava l’utilizzo da titolare. Per Cristiano invece, una ribellione da panchinaro ha sancito la mancata convocazione per la partita con il Chelsea. A spiegare il perchè, lo stesso Erik Ten Hag: "Cristiano si è rifiutato di entrare contro il Tottenham. Per questo ci devono essere conseguenze, è importante per la mentalità e l’attitudine del gruppo". Eh sì, Ronaldo si è rifiutato e se n’è andato a casa prima che finisse la partita vinta 2-0 dallo United. "Sono il manager - ha proseguito Ten Hag - devo stabilire standard e valori perchè siamo una squadra, Ronaldo contro il Chelsea ci mancherà, lui è importante per noi, ma più importante è la squadra". E così, l’alta tensione tra Ten Hag e CR7 prosegue, anche se qui si fermano le similitudini con la storia di Totti: la dirigenza romanista e il mai presidente Pallotta lasciarono Spalletti da solo nel gestire l’ultimo spicchio di carriera di Totti. Lo United invece, fa muro, non concede alla sua capricciosa star privilegi e appoggia Ten Hag senza riserve.
Gli attriti con CR7 sono iniziati in agosto, in occasione di un’amichevole col Rayo Vallecano. Allora il portoghese era stato sostituito a fine primo tempo e anche in quell’occasione aveva deciso di abbandonare in anticipo lo stadio, un comportamento che l’allenatore olandese giudicò "inaccettabile". Lì la dirigenza archiviò con una ramanzina, ma stavolta no: "Questa è la seconda volta - ha tuonato l’allenatore dei Red Devils - e ci devono essere conseguenze". E CR7 come l’ha presa? Ha chinato il capo e chiesto scusa: "Ho iniziato molto giovane, seguendo l’esempio di giocatori più grandi ed esperti che sono stati importanti per me e ho sempre cercato di essere io stesso l’esempio per i giovani in tutte le squadre che ho rappresentato. Sfortunatamente non è sempre possibile e a volte il nervosismo del momento ha la meglio su di noi". E poi, testa bassa, allenarsi, lavorare pensando alla prossima partita: "Cedere alla pressione non è un’opzione. Non lo è mai stato per me. Siamo il Manchester United e uniti dobbiamo andare avanti". Sì ma fino a quando? Le voci di un addio a gennaio si moltiplicano e se Ronaldo disputasse un grande mondiale le chances di cessione aumenterebbero.
Possiamo però dire che CR7 è in buonissima compagnia. Qui da noi sono passati alla storia i rifiuti di entrare dalla panchina di Panucci, prima con Capello poi con Spalletti. E come dimenticare Diego Forlan che non vuole entrare al posto di Obi durante Inter-Atalanta? Per non parlare del "No" dell’Apache Tevez a Mancini ai tempi del City nella sfida di Champions con il Bayern nel 2011. O di Diarra che a brutto muso dice "No" a Mourinho nel 2010 durante il Clasico della manita, con il Real dello Special One umiliato 5-0.