Mercoledì 24 Aprile 2024

Se Vlahovic è un problema...

Paolo Grilli

Due vite, per dirla alla Marco Mengoni. Le ha già vissute Dusan Vlahovic, prima iradiddio alla Fiorentina e ora – paradosso assoluto – quasi un oggetto misterioso, per non parlare di corpo estraneo, di una Juve che avrebbe dovuto proiettarlo ai livelli più nobili del pallone.

Il peggiore in campo all’Olimpico contro la Roma, se si eccettua quel Kean capace di rimediare un rosso da record. Basta questo per fotografare il momento no dell’attaccante serbo. Uno che, all’approdo in bianconero poco più di un anno fa, dai più veniva paragonato ad Haaland – arrivato nel frattempo a quota 27 gol in 25 partite in Premier col City – perché la sua breve e formidabile epopea con la Viola aveva fatto intravedere doti assai rare.

Dusan è fermo a otto reti in campionato, di cui due su rigore. Bottino smilzo. In campo pare inibito, ingabbiato in uno schema tattico che ne interdice potenza e rapidità di esecuzione. Non agisce mai in velocità, i pochi palloni che gli giungono toccano picchi inquietanti di prevedibilità.

L’attenuante: la pubalgia lo ha frenato. L’aggravante: dopo il Mondiale ha perso anche quell’espressione tirata che ne certificava la ferocia agonistica.

Salvate il soldato Vlahovic. Se la Juve del quasi plenipotenziario Allegri punta davvero su di lui, dovrà rivoluzionare il proprio assetto. O sarà obbligata a cederlo nel minor tempo possibile, prima che la vua valutazione cali: comandano i bilanci.