Giovedì 25 Aprile 2024

Perché uno come Gnonto in Italia non gioca?

Giovane, bravo, serio: ma per trovare un posto va in Svizzera. Mancini l’ha scoperto, i club italiani preferiscono improbabili stranieri

Willy Gnonto ha conquistato tutti. In campo con quello scatto fulmineo che ha regalato all’Italia il vantaggio sulla Germania. Fuori, con quella sua espressione semplice e quella storia meravigliosa che ci ha scaldato il cuore. Figlio di un operaio e di una cameriera, entrambi con origini ivoriane, nato a Baveno, 18 anni e mezzo essendo del novembre 2003, il ragazzo anzichè mettersi in fila in qualche club tra la bassa classifica di A e l’alta di B, per poi vivere di prestiti e panchine, ha preferito andare a Zurigo. E giocare. Otto gol per un attaccante esterno non sono pochi: tanto più in Svizzera che, giova ricordare, è il paese che ci ha fatto fuori dai Mondiali. Gnonto è sempre stato un po’ un predestinato: a volte sottovalutato per l’altezza (accadde anche a Dino Zoff, si consoli), con i suoi 170 centimetri ha però sempre segnato caterve di gol nelle giovanili interiste, saltando regolarmente le categorie della sua età e presentandosi anche alla Nazionale di Mancini provenendo dall’under 19 di Nino Nunziata ed Emanuele Filippini, ovvero bypassando a piè pari due Nazionali, la 20 e la 21. Allo Zurigo ha vinto il campionato ed ha un contratto fino al 2023: firmò un triennale a suo tempo decidendo, come ha raccontato lui stesso, di abbandonare a 16 anni le sue sicurezze, la Milano dove conosceva tutti, l’Inter che lo ha cresciuto fin da bambino e di sposare quindi la causa dei neo campioni di Svizzera che lo hanno accolto come una "star". Prova ne è che i tifosi gli hanno dedicato addirittura una canzone, la "Willy Gnonto Song" opera dell’artista locale Marco Schonbi, che tanto ricorda quello che i tifosi del Bayern Monaco fecero a suo tempo per Luca Toni. Retrogusto amaro di questa storia dolcissima: ma perchè un giovane così bravo e serio deve andare all’estero per giocare? Perchè i club italiani preferiscono sistematicamente investire su giocatori stranieri, non rischiare sui nostri talenti, non investire su futuri azzurri. Un mistero. In Germania, come in Svizzera, non si guarda all’età: se uno merita, gioca. I club hanno programmazione e li aspettano, li proteggono: i tifosi non li bruciano dopo due passaggi sbagliati. In Italia gli si consentono spezzoni di partita quando non conta più nulla, alla Miretti, li si manda in prestito in B, oppure semplicemente li si lascia andare all’estero. Gnonto non si è perso d’animo: a Zurigo si è imposto con le sue qualità, umane e tecniche, a scuola lo chiamano "il latinista del gol" tanto è appassionato di metriche e classici, e quando Mancini lo ha chiamato, con un’intuizione alla Zaniolo, l’Italia si è resa conto ancora una volta di quanto i nostri club siano miopi con i nostri talenti e quanto di conseguenza la Nazionale faccia fatica a selezionare giocatori da una base così ristretta.