Giovedì 25 Aprile 2024

Kean e Raspa, la classe 2000 è già da record

I due attaccanti firmano con Di Lorenzo la goleada (5-0) alla Lituania che ci rilancia: e 37 gare utili di fila non le aveva mai fatte nessuno

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dall’inviato Doriano Rabotti

Il futuro azzurro per fortuna non è immobile. Con la minuscola, per carità, nel senso che vola sulle ali dell’entusiasmo di due figli del terzo millennio che permettono all’Italia di festeggiare l’armistizio con il mal di gol. E confermano che Mancini ha un intuito speciale, sui talenti del futuro.

Magari sarà il caso di dargli fiducia, quando lascia in tribuna qualche giocatore, se poi i risultati sono quelli di Kean ieri. Cioè il trentasettesimo risultato utile di fila, staccato anche il Brasile, nessuno c’era mai riuscito.

E pensare che forse il Mancio aveva invidiato l’Orietta Berti sparata a palla dagli altoparlanti nel prepartita, "poi me ne restano mille", perché a lui invece ne erano rimasti davvero pochi tra acciacchi vari che hanno fatto rientrare a casa prima Immobile e Insigne, ieri anche Chiesa e Sensi. Tutti potenziali titolari, il ct ne ha dovuti cambiare otto alla fine, rispetto alla Svizzera, ma nessuno se n’è accorto.

O meglio, se ne sono accorti tutti, perché al netto di un avversario più scarso anche della Bulgaria, la notizia più incoraggiante è la qualità del gioco in velocità. E i due ragazzi nati a dieci giorni di distanza tra loro nel febbraio del 2000 evidentemente hanno il pallone come ascendente nel segno zodiacale.

Ieri il gioco ha finalmente trovato anche uno sbocco grazie a Raspadori, che per caratteristiche è sicuramente più funzionale al fraseggio da biliardo nello stretto, grazie a Kean abile ad accentrarsi per colpire, anche grazie a Pessina che ha dato verticalità al gioco. Tutti figli di una provincia italiana che dimostra di sfornare ancora giovani, da Vercelli ad Asti dove è nato e cresciuto Kean, da Castel Maggiore a Sassuolo che hanno fatto fiorire Raspadori, da Monza a Bergamo che hanno accompagnato Pessina. Per tacere dei Bastoni e dei Cristante.

Sono i nomi giusti di un’Italia che in periferia si ritrova, nella notte di Reggio Emilia, dove il Mapei si è riempito per quel che si poteva, e in fondo un segno di graduale ritorno alla normalità è anche il bagarino che ti chiede ’signò hai biglietti da rivendere?’, perché i 10.500 sono andati esauriti subito e presto lo stadio si è trasformato in un gigantesco karaoke di cori ad personam per tributare gli onori che meritano i campioni d’Europa, compreso Gianluca Vialli.

La partita, dopo quei diciotto minuti del primo tempo in cui la Lituania era stata stesa con un poker di colpi tra l’11’ e il 29’, a quel punto non aveva già più niente da dire sul piano tecnico. Il quinto sigillo di Di Lorenzo, su un cross diventato tiro d’autore chissà quanto voluto, ha solo aggiunto dimensioni alluvionali al passivo, il palo ha impedito il sesto gol a Castrovilli.

E magari ci sarà chi si lamenterà, chi dirà che bastava tenersi un gol di ieri sera e farlo prima contro la Svizzera per evitarsi qualche patema.

A noi interessa di più aver visto da vicino che la tranquillità di Mancini non era di facciata: il ct aveva i suoi motivi, si fidava dei suoi ragazzi.

Si direbbe che avesse ragione.