Mercoledì 24 Aprile 2024

Insulti e minacce: giocatori, anno da incubo

Striscioni, cori, attacchi sui social, aggressioni in presenza dei figli: il 68% in serie A, ma il campionato più pericoloso è la Terza categoria

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di Paolo Franci

Minacce. Insulti. Aggressioni e intimidazioni. Benvenuti nel lato oscuro del football laddove, in una sorta di paradosso democratico che rende la violenza del pallone uguale per tutti, o quasi, da Nord a Sud, dai campionati dei ragazzini alla Serie A. Ieri, l’Assocalciatori ha presentato l’ultimo capitolo - esiste dal 2014 - del Report ’Calciatori sotto tiro 202122’, la ricerca dell’Aic che censisce ogni anno tutti gli atti di violenze, intimidazioni e minacce compiuti nei confronti di calciatori e calciatrici, sia professionisti che dilettanti.

Il ritorno del pubblico negli stadi ha prodotto un’impennata degli episodi e, rispetto alla stagione precedente si è assistito a un sensibile aumento dei casi, con i i calciatori di Serie A più colpiti, mentre sui social sono diminuiti gli episodi di minacce e insulti. Inoltre, un caso su due si registra al Nord mentre nei campionati dilettantistici è la 3a Categoria a primeggiare per numero di episodi, sottraendo il primato all’Eccellenza.

L’Aic ha censito 121 situazioni in cui i calciatori sono stati fatti oggetto di offese, minacce e intimidazioni. Come specificato in ogni edizione del Report, molto probabilmente, il numero degli episodi è stato decisamente superiore e non rilevato per carenza di informazioni. Nell’85% dei casi i campionati più a rischio sono stati quelli professionistici. La Serie A, con 7 casi su 10 (68%) è il campionato dove i calciatori sono finiti maggiormente nel mirino degli ultras. Nei campionati dilettantistici i calciatori più bersagliati sono stati quelli stranieri e di colore con episodi ricollegabili al razzismo.

I calciatori sono stati presi di mira principalmente come singoli (83%). Soprattutto dentro gli stadi (60%). All’interno degli impianti di gioco, i calciatori sono stati offesi, intimiditi e minacciati attraverso cori (36%) e insulti verbali (22%), anche durante interviste o il rientro negli spogliatoi. Una costante il lancio di oggetti in campo (persino un ordigno esplosivo!) e il richiamo sotto la curva con l’esplicito intento di intimidazione o umiliazione “simbolica”. Un triste ’classico’ sono gli striscioni offensivi fuori dai centri di allenamento o dagli stadi; i danni e gli assalti ai mezzi di trasporto e alle auto dei calciatori. Fuori dagli stadi, i calciatori sono stati aggrediti anche in presenza dei figli. In alcuni casi persino inseguiti e spogliati al termine della partita.

I social network si confermano ’arma’ per odio e violenza verbali e psicologica, ma anche intimidazione (9%): dagli “auguri” di morte o di incurabili malattie alle minacce a familiari. I calciatori di colore sono il primo bersaglio dei casi di razzismo (39%), seguiti da Balcani (11%) e America Latina (8%). Per i calciatori italiani, spesso l’insulto è legato alla provenienza dalle regioni meridionali. Nel 64% dei casi sono i tifosi avversari i protagonisti, ma in un caso su 3 sono tifosi “amici”, quelli che dovrebbero sostenere la squadra godendosi una bella giornata allo stadio.