Venerdì 26 Aprile 2024

Il Chelsea dice sì: Lukaku-Inter affare fatto

Gli inglesi chiudono a 10 milioni per il prestito oneroso del belga. Manca solo l’ok di Zhang per definire il clamoroso ritorno di Big Rom

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di Paolo Franci

Se lì, su quel prato, i due più grandi di sempre – Pelè e Maradona naturalmente – hanno vinto il Mondiale vuol dire che gli dei del pallone avevano scelto lo Stadio Azteca quale simbolo unico ed inequivocabile della loro presenza. E certo non deve essere un caso che proprio nel giorno in cui ricorreva l’anniversario della partita del secolo giocata esattamente 52 anni fa, la Fifa abbia deciso di inserire il mitico stadio messicano nella lista dei magnifici 16 che ospiteranno la fase finale del Mondiale 2026 che si disputerà tra Canada, Messico e Usa.

Eh sì perchè in quello stadio definito ‘l’icona senza tempo’ si è giocata la più straordinaria partita di calcio della storia del pallone, ancor più leggendaria perchè non era una finale e non assegnava alcun titolo, sebbene ‘portone’ per la finale del Mondiale 1970, poi vinto dal Brasile. All’Azteca, il 17 giugno 1970 l’Italia di Valcareggi e l’allora Germania Ovest giocarono la semifinale del Mondiale, ridefinendo il concetto di emozione sportiva e facendo rotolare il pallone nella leggenda, grazie a quell’incredibile 4-3 ai supplementari. Ok, poi la finale la perdemmo, ma il mito dell’Italia ’70 è andato aldilà del ko contro il Brasile. L’Azteca, il leggendario Azteca, dove Boninsegna, Burgnich, Riva e Rivera disegnarono una notte epica al punto che in quello stadio c’è una targa a ricordarla per sempre, ha vissuto di tutto, perchè la natura, quando scatena il suo lato più tragico è drammaticamente democratica. E allora l’Azteca spaccato in due è stato anche simbolo di quel terribile terremoto del 2017, 7.1 di magnitudo con epicentro a Puebla. Un colpo al cuore per i messicani, già piegati dalla distruzione e dal lutto per le oltre 200 vittime.

Però, è vero, niente e nessuno può distruggere un mito. A maggior ragione se la leggenda in quello stadio ha il vizio di ripetersi, pur in forma e modo differenti. Perchè 16 anni dopo la più grande partita che l’uomo ricordi, Italia-Germania, in quello stadio nel quale si sono giocati due Mondiali, è andato in scena un altro pezzo di storia del pallone, divenuta mito per un grandissimo e il suo popolo.

L’Azteca è lo stadio della ’Mano de Dios’ di Diego Armando Maradona. La mano galeotta, anzi il ’pugnetto’ con il quale Maradona segnò agli inglesi. C’erano in ballo le Falkland e la crisi tra Argentina e Inghilterra del 1982. C’era in ballo quel ’rosso’ mai digerito a capitan Rattin del Mondiale 1966, quando l’Argentina fu eliminata e l’Inghilterrà passò il turno per poi vincere l’unico Mondiale della sua storia. Diego segna con la mano, poi dice ai compagni: "Venite ad abbracciarmi o l’arbitro annulla!", giusto per dire la furbata. Quattro minuti dopo, appena quattro, Dieguito segnerà ancora, scartando cinque avversari, per quello che nel 2002 è stato incoronato ’gol del secolo’.