Mercoledì 24 Aprile 2024

Djokovic, il gladiatore in lacrime Ma ora è entrato nel cuore dei tifosi

Tennis, in frantumi il sogno Grande Slam per il numero 1. Gli applausi di New York al campionissimo sconfitto

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di Paolo Franci

In lacrime, Novak ’The Djoker’ Djokovic, ringrazia il pubblico di New York, per una volta dalla sua parte. "Anche se non ho vinto, sono un uomo felice perché mi avete fatto sentire speciale", dice Nole, mentre combatte un altro match, con le lacrime, che perderà sonoramente.

Sì ma davvero New York ha tifato per lui? Davvero e per una volta, dimenticando gli idoli che Nole ha osato oscurare – Rafa e Roger – e addirittura tentato di seppellire sotto quell’impresa, la più grande di tutti i tempi, il Grande Slam? L’idea è che quell’esercito di vip e semplici spettatori, che sempre lo hanno accolto contromano tifando per il suo avversario di turno, abbiamo preso le sue parti, per una volta, per semplice, costoso egoismo, godendosi l’agonia del gladiatore sconfitto. E magari sperando che si prolungasse per colui che centrando il Grande Slam, non solo avrebbe scritto la storia del tennis a distanza di 52 anni da quel lontano 1969 – quando Laver ha vinto l’ultimo Slam, tra le donne invece, ci è riuscita la Graf nel 1988 – ma avrebbe anche staccato Roger e Rafa nella classifica dei major: 21 vinti contro 20 dei rivali. Rod Laver era lì, in tribuna, a guardare quel fantastico tennista che voleva buttarlo giù dall’Olimpo. Inquadrato mille volte, Rod non ha battuto ciglio quando Nole ha visto il sogno trasformarsi in sabbia e, lentamente, scivolare tra le dita fino a scomparire. Un signore, Rod Laver, neanche un ’pugnetto’ di esultanza.

Forse, in questa perfetta macchina da tennis che prima della finale persa con triplo 64 contro il russo Medvedev – il giocatore di scacchi con la racchetta al suo primo Slam dopo due finali perse – aveva vinto 27 incontri consecutivi nei tornei major, ha prevalso l’emozione, il cuore, il sentimento e il timore di fare un passo nell’ignoto, in quell’aura di grandezza che mai nessuno negli ultimi cinquanta e passa anni aveva varcato. Sì, lui che è abituato ad accartocciare emozione e lato umano nascondendole nel profondo di se stesso, ha pagato il prezzo della gloria. Non è Nole quello che ha perso con Medvedev e che subisce il break al primo gioco della prima partita. Non è The Djoker, anche se poi il primo set l’ha ceduto spesso e volentieri all’Arthur Ashe, contro Nishikori, Brooksby, Berrettini e Zverev.

S’è pensato che fosse la solita storia. Perde il primo poi è Djoker Airlines. E invece quel genio del tennis che è Daniil Medvedev, proprio nel giorno più importante della carriera del serbo, ha imbastito la partita perfetta. Sorretto da un servizio monstre, in particolare con una seconda palla da far vedere nelle scuole tennis, ha imposto al match un ritmo tremendo, togliendo il respiro e la possibilità a Nole di resettarsi e ripartire. Essenziale, preciso, architettonico a suo modo il tennis di Medvedev, che ha strameritato di vincere. Il paradosso è che il russo ha vinto giocando proprio un match alla Nole. Ed è incredibile come ci sia chi guardi a Djokovic come a un perdente dopo la notte di Flushing Meadows. Un perdente numero uno al mondo che ha vinto tre Slam e perso il quarto in finale.