Giovedì 25 Aprile 2024

CR7, gesto poco da Champions: getta la maglia

Il 3-1 sul Genoa firmato Kulusevski-Morata-McKennie rovinato da Ronaldo a fine gara: voglia d’addio? Pirlo: "Voleva segnare, niente multa"

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di Gianmarco Marchini

Non bastasse una stagione buttata via, i tifosi della Juventus devono vedere anche la loro maglia gettata a terra, manco fosse la divisa sporca del calcetto.

E’ l’epilogo amaro che toglie i riflettori alla vittoria sul Genoa, passaggio fondamentale nell’operazione ’salvataggio Champions’, e li punta su Ronaldo. Succede al fischio finale, in coda a un pomeriggio storto per Cristiano: un palo colpito a porta vuota, un lungo e sterile flirt con il gol che sconfina nella frustrazione. E così s’arriva al dunque: il portoghese si toglie di stizza la numero 7 e la scaglia lontano.

Nel post-gara, dall’entourage bianconero si soffia forte sulla versione della divisa lanciata a un raccattapalle. Volendogli anche concedere questa debole attenuante, il gesto resta. Non importa il perché, ma il come. Ed è un modo brutto, poco rispettoso, di trattare l’oggetto più sacro che ci sia nel calcio. Una fotografia inopportuna, che stride con lo stile di casa Juventus, proprio come una decina di giorni fa lo era stata quella cena consumata da McKennie, Dybala e Arthur in barba alle regole anti-Covid (e non solo). Tutti puntini che uniti scontornano uno scenario da fine impero.

"Capita a tanti di arrabbiarsi, lui è un campione e vuole mettere sempre la firma sulle gare", è la difesa abbozzata da Andrea Pirlo. "Non credo verrà multato per il gesto, ci sta un po’ di nervosismo", aggiunge provando a spegnere il caso. Ma il malumore di CR7 continua a montare: le lamentele in campo verso i compagni, quella fascia di capitano scagliata a terra dopo il gol tolto ingiustamente col suo Portogallo. Il robot Cristiano dà segni di cedimento nella tenuta nervosa. E questa è una novità, che potrebbe tradire pensieri d’addio con Madrid sullo sfondo.

Tutto ciò in un momento in cui il mondo Juve dovrebbe tenere la testa concentrata perché il futuro verrà disegnato nelle prossime otto gare di campionato più la finale di Coppa Italia. Domenica c’è l’esamone Atalanta, per dare continuità ai successi, pur sofferti, con Napoli e Genoa. In venti minuti, quelli di inizio ripresa, Chiellini e compagni hanno sofferto la stazza di Scamacca e i lampi di Pjaca, rischiando di sperperare i gol di Kulusevski e Morata, col primo che non segnava dal 19 dicembre (a Parma) e il secondo a secco da un mese. Due squilli sintomo di una macchina che è ripartita, grazie a una quadratura generale e un calcio semplice, dove se hai quelli come Cuadrado e Chiesa li lanci in campo aperto ’che tanto qualcosa lo combinano. Quellli come Dybala, invece, hanno bisogno di sentire la fiducia per rifiorire. "Il suo rinnovo? Serve un senso di responsabilità, non possiamo dimenticarci del momento storico, delle conseguenze della pandemia", rispondeva ieri Paratici. Palate di ghiaccio sopra una fiammella quasi spenta. A Paulo l’impresa disperata di riaccenderla a colpi di genio.