Mercoledì 24 Aprile 2024

"Con l’oro di Rio sarebbe la storia perfetta"

Cassani si congeda: "Lo faccio con tristezza, ma sicuro che il ciclismo è in salute. La caduta di Nibali nel 2016 la principale delusione"

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di Angelo Costa

"Dispiaciuto, ma con la coscienza a posto". Undici giorni dopo aver concluso il suo mandato da ct della Nazionale, Davide Cassani lascia la federciclismo: ieri mattina ha detto no all’incarico dirigenziale propostogli dal presente Dagnoni, che lo voleva a capo della Ciclistica Servizi. Si chiude qui un’avventura azzurra che in otto anni ha prodotto quattro titoli europei, due mondiali a cronometro, una bacheca sempre più ricca in pista, ma soprattutto iniziative come le Nazionali sperimentali, gli stage per i giovani, la rinascita del Giro dilettanti, la scoperta di talenti attraverso la multidisciplinarietà, oltre alla ripartenza dell’attività giovanile dopo il covid e il Mondiale organizzato a tempo record a Imola.

Cassani, con che spirito saluta la Federazione?

"Con tristezza, dopo otto anni meravigliosi: mi è stato permesso di essere il ct della ‘mia’ squadra, la Nazionale. Finisce un capitolo importante della mia vita".

Cosa aveva trovato nel 2014?

"Un ambiente che stava lavorando per tornare a buoni livelli, un presidente come Di Rocco che mi ha dato la possibilità di fare ciò che tutti insieme siamo riusciti a fare".

Cosa lascia?

"Una federazione che ha le risorse per investire sul mondo giovanile, un bel manipolo di ragazzi che fa ben sperare per il futuro, e settori che sono cresciuti tanto. Il merito non è mio, ma di un intero gruppo di lavoro: l’arma vincente è stata la collaborazione".

Il ricordo più bello?

"La condivisione dei successi con i miei ragazzi".

La soddisfazione?

"La vicinanza di tutti gli atleti, quel senso di complicità che aiuta a far meglio. Chi è venuto in Nazionale ha sempre lasciato nel cassetto la maglia del proprio club per sposare lo spirito di squadra".

Come faceva Cassani da corridore…

"Ho vissuto queste sensazioni soprattutto nell’ultimo mese, per me il più bello e intenso della carriera: risultati a parte, ho reagito nel miglior modo a una situazione particolare, trovando una forza interiore che pensavo di non avere".

La delusione?

"La caduta di Nibali a Rio che ha tolto soprattutto a lui la possibilità di vincere l’oro, la volata di Trentin due anni fa nello Yorkshire: vedere l’iride lì a un passo e non prenderla lascia amarezza".

Restando in tema: amara si è rivelata anche Tokyo.

"Dover tornare a casa a metà Giochi non è stato facile da digerire: avrei preferito condividere sul posto l’oro del quartetto, anche alla tv è stata una grande soddisfazione".

Cosa ha pensato in Belgio scendendo dalla sua ultima ammiraglia?

"Che giornate ed emozioni così mi mancheranno".

A chi è grato?

"A Di Rocco e alla federazione per avermi dato questa possibilità. Ho sempre rispettato i ruoli e le scelte, per questo ringrazio anche Dagnoni per avermi fatto concludere il mandato e proposto un nuovo incarico: con lui non si è mai parlato di soldi, ma per ciò che è successo, per come sono fatto io, anche se non ho ancora un’alternativa certa ho preferito dire di no".

E adesso?

"Sto alla finestra, ho idee che porto avanti: spero di essere ancora utile al ciclismo, cercherò di capire quale altro sogno posso cercare di realizzare".