Martedì 30 Aprile 2024

La Nazionale con Capello. "Solo Gigi poteva fumare. Ci vedevamo a Grado per fare le sabbiature"

Il ricordo dell’ex com pagno nell’Italia: oggi non esiste un suo erede. "In allenamento i ct Bearzot e Vicini crossavano e lui di testa segnava sempre"

Fabio Capello e Gigi Riva

Fabio Capello e Gigi Riva

Milano, 24 gennaio 2024 – L’ultima volta si erano sentiti e salutati "a distanza", lo scorso 18 aprile, in occasione della festa dei 110 anni dell’AC Legnano. Fabio Capello seduto fra gli ospiti d’onore al Teatro Tirinnanzi, Gigi Riva invece era collegato telefonicamente dalla sua abitazione in Sardegna. Saluti, ricordi, abbracci virtuali. Un’amicizia vera e sincera, durata per anni in campo e fuori.

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Mister Capello, che ricordo ha di Rombo di Tuono?

"Una bella persona, un calciatore fantastico e soprattutto un uomo vero. Lo conobbi in una specie di stage a Coverciano dove si selezionavano ragazzi under 18. Io avevo 16 anni e giocavo nelle giovanili della Spal, lui uno e mezzo in più. Nella partitella mi impressionò tantissimo e quando tornai a Ferrara dissi ai miei dirigenti: ’Questo è forte forte’. Scoprimmo che il Cagliari lo aveva preso dal Legnano".

Le vostre strade si sono incrociate sul campo e, soprattutto, con la maglia azzurra.

"Esatto. Ed era sempre bellissimo allenarsi con lui. Ogni palla che toccava in area creava pericoli anche perché aveva un calcio straordinario con capacità balistiche fuori dal comune. Bastava uno spiraglio e lui non perdonava. Le racconto un aneddoto...".

Prego.

"Eravamo proprio a Coverciano e i nostri allenatori Bearzot e Vicini crossavano in allenamento: Gigi colpiva al volo e noi ci fermavamo tutti a guardarlo con ammirazione. Uno spettacolo".

Com’era Riva nello spogliatoio?

"Contrariamente a quel che si può pensare non era uno che se ne stava in disparte, anzi. Solo quando fumava la sigaretta con Albertosi si allontanava. Diciamo che la cosa era tollerata anche dagli allenatori. Gli piaceva stare tranquillo, non se la tirava. Anzi, parlava con tutti ed era piacevole ascoltarlo".

C’è una partita o un episodio che le viene in mente ripensando al suo ex compagno?

"Capita a tutti di avere una giornata storta. Però quella partita Italia-Haiti fu una maledizione: vero, alla fine vincemmo, ma lui non stava bene e nel primo tempo la palla non voleva saperne di entrare. Tutti tiri fuori di un nulla, ci rimase malissimo".

La sua carriera poteva essere diversa e, invece, Riva non ha voluto mai tradire la sua Sardegna.

"Ha fatto una meravigliosa scelta di cuore e di vita per una terra che amava. Un qualcosa di cui essere orgogliosi. Avrebbe potuto accettare le lusinghe di Juventus, Inter o Napoli. Tutti lo volevano perché lui era il più forte e di un altro livello. Ma è stato comunque un fuoriclasse di eccezionale carisma prima da calciatore del Cagliari e poi nel ruolo di dirigente, un esempio di classe e capacità che ha dato voce al senso di appartenenza per il suo Paese".

Vi incontravate anche lontano dai campi di gioco?

"Certo, ci si vedeva a Grado. Per lo stesso motivo: facevamo sabbiature, sa, con tutti gli acciacchi alle ginocchia, quello era il posto giusto. E infatti ne avevamo grandi benefici. Ed era anche l’occasione giusta per parlare di calcio, ma del nostro calcio. Che era ben diverso da quello di oggi".

A proposito: quando rivedremo un altro Gigi Riva in Italia?

"Oggi anche azzardare un paragone è impossibile. Riva è stato unico, per quello che dava in campo, per le emozioni che trasmetteva, per quel suo senso di rettitudine. È stata una fortuna e un onore averlo conosciuto"

Cosa lascia in eredità Riva?

"La serietà e l’orgoglio di appartenenza. Due grandi cose, col talento immenso riconosciuto da compagni e avversari".