Mercoledì 24 Aprile 2024

Claudio Gentile: "Mondiali 82 cambiarono l’Italia. L’ho capito solo tanti anni dopo"

A 40 anni dal trionfo in Spagna: "Eravamo ragazzi, non ci rendemmo conto che fu una svolta per il Paese". I ricordi di un trionfo: "Annullai Maradona, lui non mi perdonò mai. Appena atterrato Agnelli mi chiamò: ti vogliono i Rolling Stones"

Diego Armando Maradona con l’ex difensore azzuro e allenatore, Claudio Gentile

Diego Armando Maradona con l’ex difensore azzuro e allenatore, Claudio Gentile

Roma, 6 giugno 2022 - "La notte della vittoria Sandro Pertini ci incontrò e ci disse: voi non vi rendete conto di quello che avete fatto per il nostro Paese, per l’Italia. Beh, il Presidente della Repubblica aveva proprio ragione…".

In che senso?

"Nel senso che noi non capivamo! Ci sono voluti anni, anzi, decenni, perché cogliessimo il significato ideale, simbolico di quella impresa".

Claudio Gentile è l’uomo che rese possibile il Miracolo Azzurro del Mundial 1982 e stiamo per entrare nei 40 anni da quel trionfo. Fu lui ad annullare sul campo prima Maradona e poi Zico, nelle mitiche partite contro l’Argentina e il Brasile.

"Per me allora era solo calcio – sospira l’ex difensore – Invece c’era molto, molto di più".

Oggi ci sono storici che affermano che il vostro trionfo segnò la fine degli Anni di Piombo .

"Voglio essere sincero: eravamo tutti giovani, a parte Zoff che andava per i quaranta. Tra noi non parlavamo mai di politica. Ci interessava il pallone e stop".

Invece…

"Invece intorno a noi c’era un sentimento popolare che andava oltre l’elemento agonistico. Lo abbiamo compreso più tardi, maturando ed invecchiando".

Chi c’era, nel 1982, non vi ha mai dimenticato.

"Ricordo ancora il lunedì del rientro in Italia, con l’aereo di Pertini. Eravamo euforici e tra noi ci dicevamo: ci saranno mille persone ad aspettarci a Fiumicino, sarà bello".

Solo che non erano migliaia, ma milioni.

"Esatto. Fu una cosa incredibile. Dall’aeroporto al Quirinale, dove eravamo attesi a pranzo, c’era un mare di gente. Una roba da fuori di testa. E a quel punto mi telefonò Gianni Agnelli".

Cosa c’entra l’Avvocato, adesso?

"C’entra, c’entra. Io giocavo nella Juve. Chiama Agnelli e mi fa: Gentile, ci sono i Rolling Stones che la aspettano a Torino, la vogliono sul palco per il loro concerto".

E lei?

"Eh, a me gli Stones piacevano pure, come immaginare di dire no? Ero stanco morto, ma mi piglio su e vado allo show".

Fu un altro delirio.

"Portai una mia maglietta azzurra e Mick Jagger la indossò per tutto lo spettacolo. Ma la cosa più divertente è un’altra".

Sentiamo.

"Prima del concerto vado sul retropalco a salutarli. Jagger, Keith Richards e il resto della band sapevano tutto del Mundial. Non si erano persi una partita! Volevano sapere di Maradona e di Zico, ovviamente".

Ah, vorrei sapere anche io come andò.

"Dunque, io contro l’Argentina immaginavo di dover marcare Kempes, come quattro anni prima, nel 1978. Ma a due giorni dalla partita mi arriva in camera Bearzot e mi fa: sei in forma, ti tocca Diego".

E lei?

"Pensavo scherzasse, invece il ct era serio. Mi procurai le cassette delle esibizioni più recenti del Pibe de Oro e mi misi a studiare".

Con ottimi risultati.

"Beh, Maradona si incavolò di brutto. Mi insultò per tutta la partita e alla fine non accettò manco di scambiare la maglia".

Vi siete mai riconciliati?

"Mai".

Molti dicono che nel calcio di oggi lei verrebbe espulso dopo un quarto d’ora.

"E dicono una scemenza. Mai stato violento, io. Cinquecentoventicinque partite in carriera, sono stato cacciato una volta sola, per un fallo di mano. E magari se nel 1986 io fossi stato un inglese Dieguito il gol del secolo mica lo segnava, eh".

Quella vittoria sugli argentini cambiò il vostro Mundial e le vostre vite.

"Eravamo partiti tra la sfiducia generale. I giornalisti dell’epoca, tolte rarissime eccezioni, ci massacravano. Andavano anche sul personale, sul privato, con critiche inqualificabili. Ad un certo punto ci incazzammo e decretammo il famoso silenzio stampa".

Parlava solo Zoff.

"Dino era la nostra voce. Noi volevamo pensare esclusivamente alle partite. E poi c’era Bearzot".

Che ricordo ne ha?

"Per l’allenatore parlano i risultati. Dell’uomo possiamo parlare soltanto noi, i suoi ragazzi. Lui sapeva leggere nell’anima dei calciatori. Prenda Paolo Rossi…".

L’ho preso.

"Io stesso nello spogliatoio non ci credevo. Pablito era irriconoscibile, in campo non ne azzeccava una. Mi aspettavo che il ct lo togliesse di squadra".

Per fortuna non lo fece.

"Esatto. Rossi esplose dal Brasile in poi e Bearzot era l’unico ad avere intuito ciò che stava per accadere".

Gentile, umanamente quanto le mancano il ct, Rossi e Scirea?

"Hanno lasciato un vuoto incolmabile. Dei primi due ho detto, di Scirea posso citare la grandezza dell’uomo, senza dimenticare l’enorme talento del giocatore. Gaetano ti trasmetteva serenità, non si agitava mai, ti aiutava a controllare le emozioni".

È vero che avete una chat su Whatsapp riservata a voi eroi del 1982?

"Confermo".

Ed è vero che Zoff non partecipa perché non sa usare lo smartphone?

"Ma no, riusciamo a coinvolgerlo lo stesso, rimarrà per sempre il nostro capitano"

Gentile, lei è l’unico tecnico azzurro oltre al mitico Vittorio Pozzo ad avere vinto una medaglia olimpica, ad Atene nel 2004. Eppure non allena più. Come mai?

"Se è per quello ho anche vinto un Europeo con l’Under 21. E sei dei miei ragazzi del 2004 diventarono campioni del mondo con Lippi a Berlino due anni più tardi".

E allora?

"Allora io non ho un agente, non l’ho mai voluto. Considero i procuratori la rovina del calcio. Non ho mai convocato un atleta per fare un favore a qualcuno. Ha capito?"

Sì, ma mica è giusto.

"Non si intristisca, io le partite della nostra serie A manco le guardo, spesso sono troppo noiose".

Non è il calcio a mancare a Gentile ma Gentile a mancare al calcio.

"Esatto".