Giovedì 25 Aprile 2024

Bruno Conti: "Al Mundial passando per l'oratorio. Oggi i ragazzi vogliono tutto subito"

La stella della Roma lanciata da Liedholm ed eroe di Spagna ’82. "Devo tutto a mio padre muratore"

Bruno Conti con l'allora presidente Sandro Pertini

Bruno Conti con l'allora presidente Sandro Pertini

"Quando sono tornato a Nettuno da campione del mondo nel 1982, mio padre Andrea non disse niente. Bastò uno sguardo: i sacrifici suoi e di mamma erano stati ripagati…". Bruno Conti, idolo dell’Italia di Bearzot, ha appena scritto, insieme a Gian Marco Menga, un libro bellissimo. Si intitola ‘Un gioco da ragazzi’. Non è un’autocelebrazione: semmai, un piccolo capolavoro.

"Io vengo dalla strada – racconta Conti –. In casa eravamo sette fratelli, tre maschi e quattro femmine. Comandava papà…"

Che tipo era?

"Inflessibile, rigoroso. Ma umanissimo. Faceva il muratore a Roma, si alzava tutte le mattine alle quattro e mezza, rientrava alla sera".

Severo?

"Giusto. E in fondo anche preveggente".

In che senso?

"Deve sapere che a Nettuno erano di casa gli americani, alla fine della Seconda Guerra mondiale. E gli americani portarono il baseball, sport preferito dai loro soldati".

Cosa c’entra il baseball, adesso?

"Mi segua, ci arrivo. A me il baseball piaceva, come il calcio. Ero un tipo vivacissimo, non stavo mai fermo. Baseball d’estate, pallone d’inverno".

Bravo uguale?

"Secondo me sì! Avevo un vantaggio: un mio zio era custode del campo sportivo. Andavo da lui e mi facevo regalare i palloni di cuoio ormai da buttare. Sfilavo la camera d’aria e ne facevo un guantone. Finché un giorno arrivano gli assi statunitensi, quelli veri. E…"

E?

"Era la squadra del Santa Monica. Calano su Nettuno per una esibizione. Mi vedono giocare e la sera bussano a casa nostra. Il presidente Usa fa: Bruno ottimo lanciatore, futuro campione, lo vogliamo negli States, lo facciamo studiare e diventa ricco e famoso".

Risposta di papà Conti?

"Tenga presente che finite le elementari ero andato a lavorare nei cantieri edili, per aiutare la famiglia. Dunque mio padre interrompe la cena e risponde: ‘Brunetto ha 15 anni e da qui non si muove’".

E così Conti junior diventò asso della pedata.

"Lo dico senza pudore: avrei sfondato anche nel baseball. Io con mani e piedi riuscivo a fare di tutto".

Intanto faceva il muratore.

"Poi il commesso nel negozietto di una zia. Vendeva anche piatti. Io con il pallone gliene ho rotti parecchi".

Una storia così oggi sarebbe impossibile.

"Concordo. Si è perso il senso del sacrificio. Ai miei tempi giocavamo sul cemento, sui campetti spelacchiati della parrocchia. La chiesa era dedicata a Santa Maria Goretti. Don Federico, il prete, era un mito. Pur di avere una maglia facevo anche il chierichetto".

Dino Zoff mi ha detto che l’Italia non va più ai Mondiali anche perché non ci sono più gli oratori.

"Il grande Capitano ha sempre ragione. Per parte mia aggiungo che è anche colpa dei genitori".

Tradotto?

"Io da tempo mi occupo del vivaio della Roma. Sa quante volte vedo e sento i genitori insultarsi in tribuna? Sotto gli occhi sbigottiti dei figli. Il guaio è che tutti vogliono tutto subito, se un tredicenne azzecca due dribbling in famiglia pensano subito alla carriera, all’ingaggio, al procuratore. Se penso a quanto mi è mancata la scuola…"

Rimpianti?

"Ho preso la licenza media quando era già professionista, nel Genoa. Mi dispiaceva non aver potuto studiare. Quando Liedholm mi convocò per la prima volta nella Roma avrei dovuto parlare con i giornalisti, era la prassi. Mi sentivo così inadeguato che mi nascosi in bagno. Ma c’erano altre esigenze. E ho una gratitudine eterna per i genitori e per i fratelli, non mi fraintenda".

Ci credo.

"La verità è che non mi riconosco più in questo mondo. Sa, sono andato per lavoro in Africa e ho capito perché le grandi Leghe europee sono piene di calciatori africani. Non hanno niente, nemmeno le scarpe, giocano scalzi. E diventano campioni, guarda un po’".

Un’ultima cosa: com’è Mourinho visto da vicino?

"Il più grande di tutti, si fidi di uno che ha lavorato con Liedholm e Bearzot".