Martedì 30 Aprile 2024

Birra e religione, trovata l’intesa

Paolo Franci

No, probabilmente no. Difficile pensare che alla fine di un vertice assai teso (o no?) per la delicatezza del tema, qualcuno tra i potenti signori della Fifa si sia alzato e abbia detto: "Vabbè, per festeggiare facciamoci una birra...". Eh no, perché il tema era scottante, il contesto pure e l’asse d’equilibrio fragilissima e complessa.

Da una parte il pallone, il Mondiale in Qatar e i potenti sponsor che versano torrenti di danaro. Dall’altro i sacri principi religiosi della legge coranica che vieta il consumo di bevande alcoliche nei paesi musulmani. Giammai la birra?

No, perché dove rotola il pallone e, soprattutto, i dollari degli sponsor - anche nel Paese più ricco del pianeta - capita che ci si debba rimodellare e fare i conti con i contratti, le penali, le esigenze di un evento globale che ha il suo sacro format, il suo sacro pallone e i suoi sacri tifosi. E allora che birra sia, fuori dallo stadio eh, prima e dopo la partita, anche se solo per qualche ora. Per la gioia di quella moltitudine di tifosi stranieri - saranno il 50% della popolazione del Qatar, a occhio - e soprattutto dei ricchi sponsor a base alcolica del Mondiale, come la Budwaiser.

Vivi e lascia vivere, dunque. Anzi, Non bere, ma lascia bere gli altri. Non sarà un messaggio di unità per i popoli e neanche tutto ’sto esempio di fratellanza però se c’è un proverbio che dice: "In paradiso non c’è la birra ed è per questo che beviamo qui" un motivo ci sarà. E hai visto mai che da qui si parta per chissà dove?