Lunedì 29 Aprile 2024

Francesco Cioria: "Negli abbinamenti seguo l’emozione. E c’è tanta ricerca"

Il mestiere del sommelier in un ristorante stellato, il San Domenico "Le zone più interessanti? Le Langhe, ma anche l’Etna. Sono cresciute le conoscenze e la qualità, ma occhio alla tuttologia".

Francesco Cioria: "Negli abbinamenti seguo l’emozione. E c’è tanta ricerca"

Francesco Cioria: "Negli abbinamenti seguo l’emozione. E c’è tanta ricerca"

Il primo legame con il vino è nelle origini campane, da un paesino dell’Irpinia. "Una famiglia in cui ci si faceva dare le uve dei contadini e ci si faceva vino in casa". Scuola alberghiera, esperienze internazionali a Londra e in Australia hanno completato il quadro, portando Francesco Cioria a guidare la cantina del ristorante San Domenico di Imola, due stelle Michelin con lo chef Max Mascia, e a essere eletto pochi mesi fa miglior sommelier italiano durante l’evento Vinoway Wine Selection 2024.

Cioria, lei lavora al San Domenico dal 2014. È cambiato il mestiere in questi anni?

"É cambiato completamente, soprattutto con l’avvento di internet. Ed è cambiata la conoscenza da parte di chi è appassionato, anche se le varie recensioni destabilizzano e aiutano allo stesso tempo".

E il gusto?

"Anche quello è cambiato, io sono ’figlio’ degli anni Novanta, dove il gusto internazionale aveva preso un po’ il sopravvento. Ora c’è un ritorno alle origini, ai vini puliti, trasparenti, che raccontano bene una zona. Non si cercano artifici particolari, il legno piccolo non viene considerato più come una volta".

In tantissimi ormai hanno frequentato un corso da sommelier. Quali sono gli effetti?

"C’è un avvicinamento al mondo del vino. Prima era un accessorio della tavola, mentre ora la qualità è più importante della quantità. Vale anche per i piccoli produttori, che stanno creando etichette molto più buone, per quanto siano calati invece i consumi. Adesso però c’è anche un po’ di tuttologia e il cliente medio rischia di seguire le mode del momento: ad esempio c’è stata quella del Franciacorta, ora siamo sul Trentodoc".

Quali sono le realtà vinicole più interessanti?

"Sicuramente il Piemonte è nel suo splendore massimo. I vini delle Langhe sono cresciuti in modo incredibile, sia come sviluppo commerciale che qualitativo: la moda del momento è bere Langhe, ma anche Pinot Nero di Borgogna. In Piemonte, però, stanno crescendo pure Timorasso e Colli Tortonesi, così come in Sicilia la zona dell’Etna. Un pubblico un po’ più esperto rispetto alla media cerca le zone dimenticate".

Lei deve abbinare vini a piatti stellati: segue accostamenti classici o altre suggestioni?

"Quando esce un piatto nuovo, prima lo assaggio perché mi racconta sempre qualcosa e poi penso al vino. Non è detto che sia un abbinamento perfetto, ma lo costruisco sempre sul cliente. Seguo l’emozione che mi dà il cibo: alcuni piatti ti riconducono a qualcosa perché magari c’è una spezia che ti porta lì. Credo sempre nell’emozione che devi dare al cliente".

Qualche abbinamento particolare?

"Ad esempio il fegato d’oca abbinato al Marsala di De Bartoli".

E con l’uovo in raviolo, il piatto-simbolo del ristorante?

"Mi piace abbinarlo con una ribolla in anfora di Gravner, ma lì è il tartufo a fare la differenza: dipende se è bianco, scorzone o marzolino, più delicato".

Quanto studio c’è dietro?

"C’è tanta ricerca sul campo, sono un viaggiatore instancabile, vado dai produttori, parlando con loro, ci confrontiamo con i colleghi".

Anche in occasioni come il Vinitaly?

"Il Vinitaly dà la possibilità di vedere produttori amici che magari non incontri spesso e colleghi: non è solo didattica".

Cos’è il vino per lei?

"È artigianalità, l’uomo che trasforma la materia in qualcosa di straordinario. Quello fra natura e uomo è il connubio perfetto e dobbiamo riuscire a trovare un buon equilibrio. ll problema climatico e il riscaldamento globale sono temi seri, ma l’uomo deve avere intelligenza di sistemare".