Sabato 27 Luglio 2024
PAOLO GRILLI
Sport

Niente coppe e rosa al top Max stagione senza alibi

Finito il campionato della penalizzazione, confermato l’organico, inseriti giocatori per ringiovanire, la Signora non può permettersi un altro zero tituli.

di Paolo Grilli

La rivoluzione affidata al gestore di stelle per antonomasia, Allegri. L’obbligo di rinascere, ovvero di vincere, quando le casse sofferenti del club – conclusi i voli pindarici di mercato e gli sconquassi da pandemia – impongono la sostenibilità come massimo principio esistenziale.

Eppure, se c’è una squadra capace di oltrepassare le secche di un annus horribilis come l’ultimo, è proprio la Juve. Per la sua storia, per il seguito smisurato che può vantare. Per le risorse che, inevitabilmente, si ritrova ad attrarre anche nei periodi più bui.

Questa è la prima stagione, dal 2010-2011, senza Andrea Agnelli alla presidenza. L’uomo dei nove scudetti è stato il primo a uscire di scena, nel novembre scorso, quando l’inchiesta Prisma della procura di Torino sui conti della Signora aveva già messo in luce irregolarità che poi sono costate tantissimo sul piano sportivo. Surreale, l’ultima annata sportiva dei bianconeri, con l’altalena in classifica generata dalla penalizzazione inflitta, poi tolta, e infine nuovamente affibbiata. Un saliscendi che il gruppo ha provato a non considerare sul campo, ma che poi ha inflitto non poco mettendo a nudo i limiti già noti di una corazzata solo presunta.

La recente esclusione dalle coppe per un anno per mano della Uefa – una stangata innestata sulla beffa di una qualificazione alla Europa League svanita all’ultimo, scivolando in Conference – ben riassume le difficoltà che sta attraversando la Juventus. Stare fuori dall’Europa costerà almeno ottanta milioni di mancati introiti. Ma deve rappresentare anche la condizione per ripartire ancora più determinati tra i nostri confini dopo due stagioni da zero titoli. Potersi concentrare solo sul campionato e sulla Coppa Italia non può non costituire un vantaggio nell’epoca dei calendari senza respiro, per chi in Europa c’è rimasto.

Allegri ha incassato la fiducia della dirigenza, che gli ha riconosciuto anche le capacità di aver assorbito, da condottiero, i traumi sportivi di mesi pazzi. Ma ora la dirigenza pretende da lui, senza più alcun alibi, l’immediata reazione. Che può avvenire solo con un gioco – sostantivo odiato da Max, ma che tanti tecnici vincenti riempiono di un significato meraviglioso sul campo – che sappia finalmente accendere le qualità della squadra oltre che l’entusiasmo dei tifosi. I test precampionato hanno offerto qualche lampo, ma solo da Udine in poi, un esordio non facile e che ricorda quello di due stagioni fa con Ronaldo messo in panchina prima dell’addio, si potrà valutare la crescita tattica della Signora.

L’arrivo di Cristiano Giuntoli alla guida dell’area sportiva ha avuto il chiaro intento di avviare un’era alla Continassa, quella del dopo Bonucci. Costruita sul talento senza il vincolo dei grandi nomi. Il tecnico è chiamato ad assecondare il nuovo corso, dopo sessioni di mercato che hanno portato solo illusioni grandi quanto i costi.

Max può far leva anche sulla continuità del gruppo, un valore mai sottolineato a dovere. Se c’è uno su cui contare, è il suo fedelissimo Rabiot. Forma e sostanza per traghettare la Juve di nuovo verso la terra dei trofei. Uno su cui scommettere? Weah. Purché non si imbrigli la sua energia, purché non diventi l’ennesimo futuro campione schiacciato dalla logica del corto muso.