di Angelo Costa
Per togliere un po’ di serenità a Evenepoel prima della crono di Cesena, i rivali finalmente lo attaccano: sul muro di Fossombrone, comincia Roglic e il tandem british (Thomas-Geoghegan Hart) gli va dietro. Sono soltanto pizzicotti, in attesa dei cazzotti veri, ma al belga danno fastidio: che ci rimetta qualche secondo per lui è un brutto segnale, perchè succede su un percorso da classica del Nord, il suo prediletto. E’ un segnale anche per il Giro: la storia di questa edizione non è finita, semmai comincia adesso.
Dopo due occasioni sprecate fra Napoli e il Gran Sasso, aggrappandosi a scuse puerili (su tutte, il vento contrario), la nobiltà del Giro finalmente si tira su le maniche, dimostrando che provare si può. Meno di tre chilometri bastano a cambiar le prospettive, in coda a una giornata volata via a medie folli (50 di media le prime tre ore): sulla rampa dei Cappuccini, Roglic regala alla corsa il primo allungo, chiamando allo scoperto Evenepoel, che per un po’ tiene botta. Quando il belga comincia a dare i primi segnali di cedimento, arrivano Thomas e Geo a completare l’opera: trainato più dallo sloveno che dalla coppia inglese, il terzetto diventa imprendibile per l’iridato, che chiude a 14 secondi in buona compagnia. Ma meno soddisfatto e più teso di tutti. "Roglic ha avuto una giornata super, era dura seguirlo. Ho commesso un errore, non bisogna farsi prendere dal panico: voglio riscattarmi nella crono", il messaggio dell’iridato ai microfoni.
Fine della battaglia, inizio del dibattito: giornata storta o prime crepe nel castello del bimbo prodigio? Ai 35 chilometri della crono romagnola piatta e dritta, oggi la prima risposta: l’Evenepoel formato frecciarossa visto al debutto può rifilare a tutti un’altra bella dose di schiaffoni, facendo il pieno al morale prima delle montagne. Dove troverà avversari tosti, come si è cominciato a vedere: Roglic ovviamente, la coppia inglese certo, ma pure Almeida col fido Vine, il russo Vlasov e il nostro veterano Caruso, fin qui perfetto nel cammino. E questa per il Giro è la miglior notizia.
Di notizie, la corsa ne regala un’altra, anche questa prevista: Ben Healy, per quanto brutto da vedere, è un signor corridore. Anche l’irlandese fa parte della classe 2000, che da un po’ ha iniziato a ribaltare l’idea che nel ciclismo i giovani devono avere il tempo di crescere: pure lui ha voglia di prendersi tutto e subito. L’ha dimostrato al Nord in primavera, col secondo posto all’Amstel e il quarto alla Liegi, lo dimostra sulle strade rosa: entra nella fuga di tredici uomini che decolla dopo una settantina di chilometri, poi si fa gli ultimi 45 da solo, recitando come un campione da grande classica.
Tra quelli che semina per ultimi, c’è anche la nostra bandiera nazionale, il tricolore Zana, 24 anni: chiude al terzo posto, confermando di avere le qualità per far la corsa e non solo per aiutare i compagni a farla. "Avevo una grande occasione e non me la sono fatta scappare", dice Healy, debuttante in un Giro che con lui ha visto fin qui otto vincitori diversi in altrettante tappe. Oltre a una maglia rosa di 23 anni, il norvegese Leknessund, che lotta con i denti per rinviare di un giorno il congedo dal primato, previsto per oggi: come Roglic, anche lui dimostra che provare si può.