Ridurre le disuguaglianze all’interno dei Paesi e fra le diverse Nazioni è uno degli obiettivi ambiziosi che l’Onu si pone, con la volontà di raggiungere e sostenere la crescita del reddito del 40% più povero della popolazione a un tasso superiore rispetto alla media nazionale, entro il 2030. Per intervenire sulla fonte di ricchezza, bisogna promuovere necessariamente l’inclusione sociale, economica e politica di tutti e tutte, a prescindere dalle generalità di ognuno. Un tema che si intreccia con le pari opportunità, argomento ampio e discusso anche dalle Regioni del nostro Paese, che tra pandemia e crisi economiche ha visto crescere e intensificarsi le disuguaglianze, in particolare negli ultimi dieci anni. L’Italia ha una distribuzione reddituale meno disuguale rispetto a Paesi come Stati Uniti e Australia, ma a livello europeo si piazza al ventunesimo posto su 27. Stando ai dati dell’Istat, il 20% della popolazione più ricca ha tra le mani il 66% della ricchezza nazionale, mentre il 20% più povero ne possiede solo il 4%. Un divario che si concretizza in diverse differenze, come nella partecipazione alla vita politica, al lavoro, alla salute e all’istruzione.
A soffire maggiormente di questi divari sono, quindi, i cittadini più vulnerabili, come pensionati, persone che vivono in condizioni di fragilità sociale ed economica o lavoratori precari, senza dimenticare i nuclei familiari. A lavorare sulle tematiche, l’Emilia-Romagna e le Marche, regioni che con le strategie regionali di sviluppo sostenibile si impegnano nella concretizzazione di questi obiettivi. Il focus dell’Emilia Romagna, principalmente, è sul contrasto delle diseguaglianze come chiave per garantire giustizia sociale e rafforzare la crescita del territorio e del tessuto economico-sociale. In questo modo, la volontà è quella di eliminare le disparità di genere, generazionali e territoriali. Per questo bisogna valorizzare anche le aree interne o montane. Intanto anche la Lombardia deve fare i conti con il divario territoriale: nell’area Milanese si registrano mediamente redditi (imponibili per percettore) più elevati, mentre sono contenuti gli importi soprattutto nei comuni della fascia settentrionale della regione, ma anche in generale in tutta l’area orientale.
Le province toscane hanno livelli di benessere relativo più alti rispetto sia al complesso dei territori del Centro sia dell’Italia. Anche qui, però, non mancano le disuguaglianze. I maggiori squilibri si osservano nei profili delle province di Grosseto e Prato, caratterizzati da alte percentuali di indicatori nelle due classi estreme.
Analizziamo ora il quadro dell’Umbria. Nella regione, nel 2017, il reddito familiare pro capite per il 40% della popolazione a basso reddito è cresciuto di più rispetto all’anno precedente di quello dell’Italia (0,75% contro 0,24%), mentre quello del Centro registra una diminuzione (-0,4%).
In Umbria dal 2014 si registra una crescita costante che tocca l’apice nel 2016 (+15,8%). In merito alla disuguaglianza del reddito disponibile, il rapporto fra il reddito equivalente totale ricevuto dal 20% della popolazione con il più alto reddito e quello ricevuto dal 20% della popolazione con il più basso reddito, nel 2017, è pari in Umbria a 4,4, dato inferiore alla media italiana pari a 6,1 e al Centro pari a 5,5.
Mariateresa Mastromarino