Giovedì 2 Maggio 2024

L'America nel bicchiere

VINITALY L'edizione record 2019 dice che continua a crescere l'export.Bene Sicilia e Toscana

Calice

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L’AMERICA terra promessa del vino italiano, il mercato più importante per il nostro export, con un valore di 1,7 miliardi di dollari. Ma quali sono i vini più amati dagli americani? Ce lo dice un sondaggio di Wine Spectator, la bibbia dei wine-lovers americani, presentato ad Opera Wine 2019. Il vino preferito dai lettori della rivista americana è il Brunello di Montalcino (33%), seguito dal Barolo (26%), che staccano Chianti , Amarone e Prosecco. Toscana e Sicilia sono i territori preferiti per chi acquista bottiglie sotto i 25 dollari. «Perché Sicilia e Toscana? Perché rappresentano le due facce dell’Italia del vino. Da una parte la Toscana, ricca d’arte e cultura, che con la bellezza dei suoi paesaggi unici è diventata il luogo in cui ogni americano vorrebbe vivere. Dall’altra la Sicilia, con il suo fascino e le sue contraddizioni, la regione-continente dove trovare tutto: il mare, la Magna Grecia, l’Etna e la gastronomia», spiega Alessandro Regoli direttore di winenews.it, sito di riferimento. E proprio il Sud emerge da questo Vinitaly dei record come la nuova terra promessa del vino italiano di qualità. Lo conferma Luciano Pignataro, giornalista e a scrittore, blogger (www.lucianopignataro.it), un riferimento per l’enogastronomia del Sud: «A questo Vinitaly le regioni del Sud, nessuna esclusa, si sono presentate agguerrite. Di rilievo il titolo vinto dalla azienda Mazzella di Ischia, cantina dell’anno per il concorso gestito da Vinitaly, la kermesse veronese che chiude oggi con un record di pubblico. Il primitivo di Manduria e di Gioia del Colle resta la locomotiva del vini meridionali». E’ stato anche il Vinitaly delle nuove generazioni di consumatori come i millenials, su cui le cantine puntano per rilanciare gli stagnanti consumi interni.

TRA I TREND emergenti la riscossa dei bianchi e dei rosati, anzi dei vini rosa, con la nascita di Rosautoctono, il nuovo istituto (al suo debutto a Vinitaly) che riunisce sei grandi denominazioni di rosati Doc da uve autoctone: Valtènesi , Chiaretto di Bardolino, Cerasuolo d’Abruzzo, Castel Del Monte, Salice Salentino e Cirò. Il colore rosa è di gran moda: Jacopo Biondi Santi ha lanciato il suo primo rosé «J» dalla Tenuta di Montepò a Scansano, che affianca i due vini iconici della maison, lo Schidione e il Sassoalloro. Tra i bianchi in grande evidenza il marchigiano Verdicchio nelle due versioni Castelli di Jesi e Matelica. Altro bianco in grande spolvero il Vermentino sardo con la cantina gallurese Siddùra a fare da apripista per un ritorno a uno stile semplice e artigianale. Il lambrusco emiliano è sempre al top del gradimento dei consumatori e dei mercati esteri. Un brand storico come Casali Viticultori di Scandiano torna a nuova vita sotto l’ombrello della coop Emilia Wine. E rilancia una etichetta storica come il Boiardo, figlio di uve del territorio.

SEMPRE più le cantine si allargano dai territori tradizionali a quelli emergenti. Come il gruppo DCasadei che dalla Toscana (Chianti Rufina) è sceso in Maremma a Suvereto a fare blend internazionali, per poi passare in Sardegna nel Sarcidano (con Olianas) a produrre Cannonau con una sola filosofia: il BioIntegrale®: «Un modo di produrre e di vivere, in cui al centro di tutto c’è il rispetto e la tutela dell’ambiente», dice il patron Stefano Casadei.