Bianchello del Metauro: brindisi alla varietà

L’azienda di Luca Guerrieri, i calici di Roberto Lucarelli e i vini artistici di Giordano Galiardi. In vetrina anche la Dop di Cartoceto

Bianchello del Metauro

Bianchello del Metauro

PESARO

Un flusso silenzioso e incessante, che parte dalla primavera e risale le stagioni fino all’autunno. Sono gli enoturisti che viaggiano nelle Marche del vino e dell’olio. Ma se per Verdicchio, Rosso Piceno e Rosso Conero questa non è una novità, il fenomeno assume importanza rilevante per la valle del Metauro, là dove, più o meno come nel 207 a.C., quando i Romani sconfissero i Cartaginesi, si combatte la nuova battaglia del Bianchello. Il vino che impropriamente una delle più note guide del settore ha definito "Cenerentola delle Marche". Il fatto è che il Bianchello del Metauro è un vino di territorio, quindi cambia da contrada a contrada in base alle caratteristiche del terreno, ai venti e all’altitudine. Così pretendere che i Bianchelli abbiano un timbro unico è fantasia. Ci hanno provato i produttori di "Bianchello d’autore" a raccogliersi sotto una sola sigla, ma nei calici è rivelata tutta la loro splendida diversità, segnata da terreni calcarei piuttosto che argillosi, da acidità spiccate per escursioni termiche e altitudine, piuttosto che da sapidità marine: una selezione da esplorare. Al loro fianco altri Bianchelli del Metauro, confinanti ma diversi. L’azienda Guerrieri di Piagge, ad esempio, ha lavorato per sdoganare il vino di provincia e portarlo in tutto il mondo, mantenendo un accento dialettale, ma aiutandolo in modo che possa gareggiare anche con i più famosi vini del mondo. E infatti la vineria di Luca e della sua splendida famiglia è sempre molto frequentata dai turisti, così come i suoi calici viaggiano ovunque, parlando un linguaggio glocal, fra tradizione e voglia di dialogare con tutti. Roberto Lucarelli ha scelto di fare vini con le mani, ovvero spingendo al massimo su una identità autoctona pura, marcata, netta, pulita, consegnandoci Bianchelli del Metauro eleganti e rurali, semplici e complessi, figli del fosso in località "La Ripe", dove ancora sguazzano i gamberi di fiume. Giordano Galiardi, invece, è un purista, fa vini con le mani ma anche con i piedi, nel senso che pesta le uve nel tino con vigore contadino per donarci vere spremute di vigna in assenza di solfiti e altro di artificioso. Potremmo definirli vini artistici, inimitabili. Queste e altre tipologie sono tra le eccellenze delle nostre terre, unitamente agli oli e in particolare alla Dop Cartoceto, l’unica delle Marche in fatto di extravergine: tracciata, garantita, con eccellenti qualità organolettiche, in equilibrio tra verdi vivi di pianta e sentori ammandorlati piccanti, che ci rivelano l’eccezionale persistenza di polifenoli. Parola di Otello Renzi, qualcosa di più di un sommelier: una sorta di cantore (è pure musicista) di ritmi palatali, traduttore di segreti gastroenologici marchigiani uno diverso dall’altro, ma tutti belli e buoni.

Davide Eusebi