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Staminali, nuove speranze contro la sclerosi multipla

Risultati incoraggianti di una sperimentazione di trapianto cellulare nei ventricoli laterali del cervello effettuata

18/12/2023 - di Maurizio Maria Fossati

C’è una nuova speranza per i malati di sclerosi multipla. La rivista accademica online Cell Stem Cell ha pubblicato i risultati incoraggianti di una sperimentazione clinica di fase 1 su 15 pazienti volontari affetti da sclerosi multipla secondaria progressiva in fase avanzata. Con un trattamento sperimentale, eseguito per la prima volta al mondo sull’uomo, sono state innestate cellule staminali progenitrici-neurali nel cervello dei malati.

 

Gli interventi sono andati tutti bene e nel monitoraggio dei 12 mesi successivi non sono stati riscontrati eventi avversi gravi dovuti al trattamento. Gli effetti collaterali sono stati modesti, temporanei e comunque reversibili. A quasi trent’anni dalla scoperta delle cellule staminali cerebrali, si apre ora un nuovo capitolo con studi di efficacia promettenti e più ampi.

 

La sclerosi multipla è una malattia infiammatoria che colpisce il sistema nervoso centrale. È caratterizzata dalla progressiva perdita di mielina (la sostanza che riveste le fibre nervose), risulta quindi una malattia cronica e neurodegenerativa che causa spesso varie disabilità cliniche che diventano irreversibili nel tempo. Purtroppo non esistono farmaci che riescano a guarire, sebbene oggi l’assunzione combinata di prodotti è in grado di diminuire l’incidenza e la severità degli attacchi.

 

La possibilità di impiegare le cellule staminali per curare la sclerosi multipla rappresenta quindi una nuova frontiera che i ricercatori stanno esplorando. Queste cellule, infatti, hanno la capacità di rigenerarsi e di dare origine ai diversi tipi di tessuti: dalla pelle al sangue, al cuore, al fegato, ai muscoli, al cervello.

 

Da anni si lavora per utilizzare il trapianto di cellule staminali per riparare organi o tessuti danneggiati, ma anche per curare malattie degenerative come la sclerosi multipla, il Parkinson, l’Alzheimer. Molti studi sono attualmente in corso per valutare i rischi correlati all’impiego delle cellule staminali e volti quindi a migliorarne il profilo di sicurezza. Successivamente al trapianto, secondo l’AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla), i principali fattori di rischio sono legati alla possibilità di uno sviluppo cellulare incontrollato con la conseguente possibile crescita di tumori. È inoltre da considerare l’ipotesi di un rigetto immunitario, il cui rischio è legato alla fonte delle cellule staminali. Esiste, inoltre, un altro possibile elemento di rischio legato ai trattamenti immunosopressivi. Ma le aspettative sono enormi.

 

Lo studio riportato su Cell Stem Cell è stato coordinato dall’Ospedale IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo e ideato da Angelo Vescovi, professore di Biologia Cellulare all’Università di Milano Bicocca e direttore scientifico dell’IRCCS, in collaborazione con Stefano Pluchino dell’Università di Cambridge (UK).

 

Alla sperimentazione hanno partecipato anche l’AOSP Santa Maria di Terni, l’Università del Colorado e l’Ente Ospedaliero Cantonale con sede a Lugano in Svizzera, presso il quale è stata centralizzata la valutazione delle immagini radiologiche. Lo studio è stato supportato in parte dalla Fondazione CARIT (Terni) e dalla Regione Puglia.

 

Tutti i pazienti all’inizio del trial clinico mostravano alti livelli di disabilità – erano, per esempio, costretti a utilizzare la sedia a rotelle –, ma nel corso del monitoraggio di dodici mesi non hanno mostrato alcun aumento del grado di disabilità o peggioramento della sintomatologia. Nessuno dei pazienti ha inoltre mostrato sintomi che indicassero una recidiva o segni di progressione clinica, suggerendo una sostanziale stabilità della patologia.

 

Un aspetto degno di nota è inoltre emerso dalla valutazione post-trapianto del “volume cerebrale complessivo”. Nei pazienti sottoposti al trapianto, si è osservato che, tanto più alta era la dose di cellule staminali trapiantate, tanto più si notava una diminuzione del volume cerebrale. L’ipotesi è che il fenomeno possa essere legato a un effetto anti-infiammatorio o anche neuroprotettivo dovuto all’azione delle cellule staminali cerebrali iniettate.