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«Preserviamo la fertilità»

Renato Seracchioli, Irccs Sant’Orsola di Bologna: «Abbiamo risultati importanti»

19/06/2023 - di Donatella Barbetta

Preservare la fertilità non solo delle donne, ma anche degli uomini. È uno degli obiettivi dell’Irccs Sant’Orsola di Bologna verso chi è colpito da tumore.

 

Quali sono le nuove metodiche?

«Dall’inizio dell’anno dedichiamo un grande impegno all’oncofertilità, in modo da dare domani l’opportunità di diventare madre o padre a chi oggi scopre di avere una patologia tumorale. Stiamo lavorando per creare un centro di fertilità per pazienti oncologici», risponde Renato Seracchioli (nella foto), direttore dell’unità operativa di ginecologia e fisiopatologia della riproduzione e responsabile del centro di infertilità e procreazione medicalmente assistita del Policlinico bolognese.

 

 

In che modo?

«Se ci troviamo di fronte a una donna proponiamo il prelievo di ovociti o di tessuto ovarico. Dipende dal tipo di tumore e anche dall’età: alle pazienti in età pediatrica o alle giovani adulte che non possono aspettare di sottoporsi a cicli di stimolazione ovarica, perché devono iniziare in tempi rapidi la chemioterapia, preleviamo per via laparoscopica il tessuto ovarico che poi verrà congelato, e, una volta ottenuta la guarigione, ritrasferito alla paziente. La crioconservazione di tessuto ovarico offre importanti prospettive per preservare sia la funzione riproduttiva, ossia la produzione di gameti femminili, gli ovociti, sia la funzione endocrina dell’ovaio cioè la produzione di ormoni importantissimi per la qualità di vita di una donna».

 

E per gli uomini?

«Anche per il sesso maschile sono previsti percorsi destinati al congelamento del liquido seminale per chi si deve sottoporre a chemioterapie che possono danneggiare la produzione di spermatozoi. I casi stanno crescendo di anno in anno, anche dal Rizzoli, l’Istituto ortopedico di Bologna, i medici ci inviano molti ragazzi con patologie oncologiche. Soltanto lo scorso anno, sono state effettuate 84 procedure».

 

Quali percorsi per preservare la fecondità di chi non ha un tumore, ma altre malattie?

«Abbiamo cominciato a preservare ovociti anche delle donne che non soffrono di patologia oncologiche, ma che hanno ovaie la cui funzionalità è messa a rischio per la presenza di endometriosi o cisti ovariche di altra natura, oppure perché sono state sottoposte a interventi che abbiano determinato una riduzione della fertilità in età giovanile. Si tratta di donne alle quali offriamo la possibilità di crioconservare un piccolo patrimonio di gameti in situazioni di grave rischio per una futura fertilità. Nel 2022 abbiamo congelato 142 ovociti e 89 embrioni e conservato nell’azoto liquido gli spermatozoi di 94 uomini».

 

Quanti bimbi sono nati con l’attività del centro di oncofertilità?

«I dati sono numericamente importanti. Sono stati preservati 1.268 liquidi seminali, 639 di questi sono stati scongelati dopo la guarigione dei pazienti e sono state ottenute 144 gravidanze di cui 117 a termine. Nella donna sono stati effettuati 578 cicli di criopreservazione di ovociti, 126 cicli di scongelamento e 24 gravidanze di cui 17 a termine; Il tessuto ovarico è stato prelevato a 1.100 donne ed è stato reimpiantato a 41 di loro, con una ripresa della funzione endocrina nel 90% dei casi e con 8 gravidanze di cui 4 portate a termine».

 

Su quale ambito lavorerà il centro nei prossimi mesi?

«Stiamo organizzando, con la nostra unità operativa di Genetica medica, la biopsia dell’embrione per evitare il trasferimento di embrioni a grave rischio di malattie genetiche e, fra queste, malattie oncologiche legate alla presenza di alterazioni genetiche. Il Policlinico, inoltre, si candida anche a diventare uno dei centri italiani dove poter eseguire il trapianto di utero».

 

 

Chirurgia preventiva in due tempi per prolungare le funzioni ormonali

 

Per ridurre il rischio di tumore dell’ovaio nelle donne portatrici della mutazione genetica Brca1 e 2, c’è una nuova proposta terapeutica nell’ambito della chirurgia preventiva. «L’unico modo efficace finora è stato quello di rimuovere contemporaneamente sia le ovaie sia le tube di Falloppio – precisa il professor Pierandrea De Iaco (nella foto), direttore dell’unità di Ginecologia oncologica dell’Irccs Sant’Orsola di Bologna –. Adesso, invece, proponiamo alle giovani donne con questa alterazione genetica un intervento di profilassi limitato all’asportazione delle tube, che dovrebbero essere la sede iniziale delle cellule tumorali, per poi togliere più avanti anche le ovaie. Se il gene mutato è Brca 1, il secondo intervento può essere svolto verso i 45 anni, se è il 2 si può arrivare anche a 50 anni prima di tornare in sala operatoria».

 

 

Il Policlinico, infatti, partecipa a uno studio internazionale per sperimentare il nuovo approccio terapeutico, in cui sono coinvolti 25 centri, situati in 15 diversi Paesi. Le donne portatrici della mutazione genetica Brca1 e 2 presentano un rischio di sviluppare tumori alla mammella e all’ovaio molto più elevato rispetto al resto della popolazione generale. Ecco i numeri che permettono di fare un confronto: nella popolazione generale l’incidenza di cancro all’ovaio è dell’1%, mentre sale al 50% nelle donne con mutazione Brca 1 e 2 o con una storia familiare di cancro alle ovaie. Lo svantaggio più importante della chirurgia preventiva, in cui vengono rimosse insieme ovaie e tube, è la menopausa precoce, in anticipo dai 5 ai 15 anni rispetto all’età fisiologica.

 

«Togliere solo le tube, invece, consente alle pazienti di ritardare la menopausa precoce – prosegue De Iaco – e di conservare più a lungo la produzione di ormoni che regolano molte funzioni. L’effetto più significativo della nuova strategia terapeutica ricade, quindi, sulla qualità di vita delle pazienti. Per questo ora stiamo reclutando le prime donne disposte a entrare in nel percorso chirurgico in due tempi. L’intervento, infatti, deve essere eseguito prima che il rischio di contrarre il cancro ovarico nelle portatrici della mutazione Brca cominci ad aumentare». L’aumento del rischio di tumore con alterazione genetica Brca 1 è del 60% nella mammella e del 40% per l’ovaio; con Brca 2 più 40% nella mammella, più 20% all’ovaio.