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Melanoma cutaneo, prevenzione e cura. Dieci cose da sapere

Risponde Ignazio Stanganelli, direttore Skin Cancer Unit, Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori Dino Amadori

04/12/2023 - di Alessandro Malpelo

L’incidenza del melanoma cutaneo è aumentata progressivamente alle nostre latitudini nell’arco degli ultimi cinquant’anni, e circa l’85% dei casi che insorgono annualmente nel mondo interessa le popolazioni di Nord-America, Europa e Oceania. Per quanto riguarda l’Europa, l’aumento dell’incidenza è generalizzato nelle ultime decadi per ogni tipo (melanoma in situ, invasivo, sottile e spesso). In Italia, nella popolazione al di sotto dei 50 anni, è attualmente il secondo tumore più frequente nei maschi e il terzo più frequente nelle donne. Che cosa sappiamo oggi? Ignazio Stanganelli, Professore Associato all’Università di Parma, Direttore Centro di Dermatologia Oncologica – Skin Cancer Unit, Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori Dino Amadori, past president IMI, risponde alle dieci domande fondamentali sull’attualità del melanoma.

 

Come si spiega l’incidenza del melanoma cutaneo?

“L’aumento dell’incidenza dei casi di melanoma è da attribuirsi a due fattori principali, il primo è l’esposizione solare intensa e intermittente con scottature, dose cumulativa solare elevata, esposizione alle radiazioni ultraviolette artificiali (lampade abbronzanti), fotodanno attinico (danno alla pelle causato dai raggi solari, che può portare a invecchiamento precoce, rughe, macchie solari e altre manifestazioni cutanee, ndr). Secondo fattore è l’aumento della pressione diagnostica con una maggiore attenzione alla patologia da parte della popolazione, dei medici di famiglia e alla disponibilità di sofisticati strumenti diagnostici e centri specializzati. Ad ogni modo, il rischio di insorgenza del melanoma cutaneo è multifattoriale ed è influenzato da fattori genetici, fenotipici e ambientali. I fattori genetici e costituzionali più importanti sono il il tipo di pelle (fototipo chiaro I e II), la familiarità per melanoma e la presenza di numerosi nevi melanocitici. Parallelamente all’aumento dell’incidenza che è mantenuta costante negli ultimi decenni, l’aumento della pressione diagnostica ha comportato un maggiore numero di diagnosi precoce con prognosi favorevole”.

 

Nel melanoma si può ipotizzare uno screening di massa, come avviene per la mammella, la cervice uterina, il colon retto?

“Realizzare un programma di screening di massa per il melanoma non è percorribile perché ha un razionale scientifico molto debole. Gli screening sono interventi complessi, la loro programmazione deve basarsi su prove scientifiche e necessitano di un monitoraggio formale che in Italia è rappresentato dall’Osservatorio Nazionale Screening che opera per conto delle Regioni e del Ministero della Salute. L’ultima revisione sistematica della letteratura ha concluso che, al momento, non ci sono prove sufficienti dell’efficacia dello screening per il melanoma negli adulti e ancor di più nei giovani”.

 

In quali casi raccomandare i controlli dermatologici?

“Lo screening dermatologico organizzato e attivo, scoraggiato sulla popolazione generale, viene suggerito come controllo selettivo sulla popolazione a rischio: familiarità per melanoma, fototipo chiaro, scottature in età pediatrica, numerosi nevi, cute con presenza di cheratosi attiniche e carcinomi cutanei. Le campagne di sensibilizzazione puntano alla identificazione della lesione sospetta mediante la regola dell’ABCDE, vale a dire Asimmetria, Bordi irregolari, Colore disomogeneo, Dimensioni > 6 mm, Evoluzione rapida e il segno del Brutto Anatroccolo, il neo che spicca e si differenzia dagli altri per colore, forma e dimensione. I dati sui flussi delle lesioni sospette inviate al centro di dermatologia depongono per un notevole impegno dei dermatologi, a fronte di un elevato numero di pazienti che afferiscono agli ambulatori specialistici”.

 

I numeri relativi ai controlli?

“Uno studio epidemiologico condotto con i dati dei Registri Tumori e il database dei flussi ASA della Regione Emilia Romagna ha rilevato, nel periodo 2003-2017, 4,593,988 visite dermatologiche e 849,343 biopsie, a fronte di un melanoma ogni 393 visite, una biopsia ogni 5 visite, un melanoma ogni 75 biopsie. Il quadro epidemiologico è più che favorevole nel 70% dei pazienti grazie al riscontro di un 30% di melanomi in situ ovvero in fase intraepidemica (guarigione completa) e 46% di forme micro-invasive (spessore < 1 mm) a prognosi favorevole. La Regione Emilia Romagna è considerata una delle regioni italiane con un sistema sanitario di standard elevato, ma in questo caso risulta evidente l’eccessivo invio dal territorio dove operano i medici di medicina generale, e verosimilmente le altre regioni italiane si trovano nella stessa situazione se non peggiore, in assenza di una capillare rete dermatologica”.

 

Quale il ruolo dei medici di famiglia?

“Per un adeguato triage delle lesioni cutanee bisogna creare una migliore integrazione funzionale tra i medici di famiglia e le strutture specialistiche con una formazione continua con l’impiego di strumenti multimediali. In linea con le indicazioni del Piano Oncologico Nazionale 2023-2027 abbiamo implementato il progetto MelaMed, Melanoma Multimedia Education (www.imi-melamed.it) dell’Intergruppo Melanoma Italiano, IMI, un programma a carattere nazionale per formare il medico nella prevenzione primaria e secondaria del melanoma cutaneo e per fornire la relativa conoscenza delle basi essenziali dell’intero percorso diagnostico terapeutico del paziente”.

 

In cosa consiste il programma MelaMed?

“La struttura è caratterizzata da una piattaforma con il materiale iconografico proveniente dal CD-Rom Melanoma Cutaneo che ho sviluppato con l’Istituto Oncologico Romagnolo e patrocinato dal WHO Melanoma programme. La ricchissima iconografia clinica è stata resa disponibile come biblioteca virtuale nella piattaforma MelaMed. Quest’ultima è stata arricchita da un ulteriore substrato clinico-patologico multimediale e interattivo, anche con la costruzione di morphing virtuali e l’integrazione di tutte le più recenti raccomandazioni del percorso diagnostico terapeutico dell’Istituto Superiore di Sanità. La piattaforma MelaMed, in lingua italiana e inglese, è associata a un’area di e-learning per l’implementazione di corsi telematici con una FAD attualmente in corso e un progetto di valutazione dell’impatto formativo, che ha raccolto centinaia di adesioni con il patrocinio della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO). Infine con la rimodulazione delle funzioni e delle strutture dedicate alla medicina territoriale e dei medici di famiglia bisognerebbe implementare una funzione di telemedicina per l’invio di lesioni al centro di riferimento dermatologico per il primo triage, riducendo tempi d’attesa per i pazienti e facilitando l’accesso per le lesioni sospette”.

 

Le guarigioni sono all’ordine del giorno. Come è cambiata la prognosi del melanoma in questi anni?

“Secondo i dati dell’Associazione Italiana Registri Tumori (Airtum) la sopravvivenza da melanoma ha raggiunto quasi il 90%. Una ampia ricerca epidemiologica (casistica 2003-2017) ha evidenziato un miglioramento significativo nella sopravvivenza, osservato per la prima volta in assoluto in Italia e in Europa. Questo riscontro si attribuisce al miglioramento della diagnosi precoce per la riduzione dello spessore di Breslow ma anche all’impiego dei nuovi farmaci per la terapia mirata e per l’immunoterapia nei pazienti con melanoma avanzato e inoperabile, introdotti dal 2010 prima come sperimentazione e successivamente nella pratica clinica”.

 

Perché è importante studiare lo spessore del tumore?

“Lo spessore nel melanoma, misurato in millimetri, è il fattore prognostico principale. La ricerca ha evidenziato che quando lo spessore mediano dei melanomi studiati nel periodo 2003-2017 tendeva a diminuire, parallelamente la prognosi migliorava. La sopravvivenza a cinque anni è aumentata in modo particolare per gli uomini: passando dall’87% tra il 2003 e il 2007, al 93% tra il 2013 e il 2017, raggiungendo, per la prima volta in Italia, la sopravvivenza delle donne. Tutto ciò nonostante il fatto che gli uomini continuino ad avere melanomi più spessi. Nello specifico si è registrato In Italia un significativo miglioramento della sopravvivenza a cinque anni nei maschi con melanoma di spessore massimo, grazie alle terapie innovative. Per il valore storico dello studio, alla giovanissima ricercatrice romagnola Federica Zamagni è stato assegnato il prestigioso Elvo Tempia Special Prize durante il convegno dell’International Association of Cancer Register (IACR), in questa ricerca congiunta dell’AIRTUM, coordinata dal Registro Tumori della Regione Emilia-Romagna e promosso dall’Intergruppo Melanoma Italiano”.

 

Parlando di prevenzione, quali le strategie da adottare?

“La prevenzione secondaria è finalizzata alla diagnosi precoce. La prevenzione primaria, ovvero l’identificazione dei fattori di rischio costituzionali e ambientali, rappresenta di fatto il substrato fondamentale per un’azione di educazione alla salute efficace in tutte le fasce di popolazione ed in particolare nei sottogruppi a rischio. Non potendo cambiare la genetica, responsabile del tipo di pelle cosi come del numero dei nevi nei soggetti predisposti, dobbiamo cambiare le abitudini riguardo il fattore di rischio ambientale più importante dato dall’esposizione ai raggi UV, considerati a tutti gli effetti un carcinogeno al pari del fumo di sigaretta. Per valutare l’effetto sull’individuo dell’esposizione alla radiazione ultravioletta bisogna considerare il tipo di pelle chiaro vs pelle mediterranea/scura), la quantità di radiazione UV assorbita, il tipo di esposizione ai raggi solari (intensa e intermittente o cronica), l’età dell’individuo (l’esposizione in età infantile e adolescenziale è associata ad un rischio maggiore), l’attività lavorativa all’aperto (pescatori, agricoltori), l’associazione della esposizione solare all’eritema solare (scottature) e alle radiazioni ultraviolette artificiali. Diversi studi hanno dimostrato che l’esposizione artificiale a lampade o lettini abbronzanti provoca un aumento significativo del rischio di melanoma nei soggetti che ne fanno uso, soprattutto se l’esposizione avviene prima dei 35 anni”.

 

Quale è l’orientamento per quanto riguarda l’abbronzatura artificiale?

“Nella maggior parte degli Stati Europei sono presenti legislazioni che vietano o limitano l’utilizzo delle lampade abbronzanti. Nello specifico nel 2011 l’Italia ha vietato l’uso di apparecchiature abbronzanti a minori, donne in gravidanza, persone con una storia personale di tumori della pelle e persone che non si abbronzano o che si scottano facilmente dopo esposizione al sole. L’ultimo studio epidemiologico, condotto proprio in Romagna 10 anni fa, ha mostrato che il 20% della popolazione intervistata aveva fatto uso di lampade artificiali associato a tempi di esposizione solare elevati, con un 25% di popolazione a rischio con fototipo chiaro ed efelidi. Sarebbe importante monitorare con dati recenti l’uso dei lettini solari e le modalità di esposizione solare in un campione della popolazione Italiana confrontando le varie aree geografiche”.

 

 

Link alla seconda parte dell’intervista:

 

 

Link all’articolo sulle iniziative per le scuole: