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Il ’vaccino’ contro il melanoma, in Italia lo studio di fase III

L’obiettivo non è prevenire la malattia ma supportare il sistema immunitario nella reazione al tumore

18/02/2024 - di f.f.
Ascierto

Entusiasmo e clamore mediatico, ma anche obbligo della cautela e necessità della pazienza: a fine gennaio, all’Istituto dei Tumori Pascale di Napoli è stato somministrato il primo ’vaccino anticancro’ a mRNA per la cura del melanoma. È l’ultima fase, quella III, di uno studio clinico molto vasto: «Ci vorrà qualche anno – dice l’oncologo Paolo Ascierto (nella foto), un ruolo di primo piano nella ricerca sui vaccini antitumorali – prima di avere i risultati di quest’ultima fase dello studio clinico». Cauto ottimismo, ma anche grande entusiasmo: «La nostra speranza è quella di poter dare una nuova e più efficace opzione terapeutica a quanti più pazienti possibili. Ed è per questo che oggi è un grande giorno. Il vaccino, prodotto da Moderna – prosegue Ascierto – si basa sulla stessa tecnologia adottata per quelli contro il Covid, cioè utilizzando mRNA sintetici progettati per ‘istruire’ il sistema immunitario a riconoscere specifiche proteine, chiamati ‘neoantigeni’, che sono espressione di mutazioni genetiche avvenute nelle cellule malate».

 

C’è un aspetto su cui è importante avere le idee ben chiare: «Lo scopo del vaccino non è quello di prevenire la malattia ma di aiutare e supportare il sistema immunitario dei pazienti a riconoscere e ad attaccare più efficacemente il tumore». Nel frattempo, si stima che nel mondo ci siano oltre 40 vaccini anti-cancro a mRNA allo studio, mentre continuano ad aumentare le nuove indicazioni per farmaci immunoterapici già in uso. «Come ad esempio il pembrolizumab, un anticorpo monoclonale anti PD-1, mirato cioè a uno dei ‘freni’ del sistema immunitario, prima approvato per il melanoma e a settembre scorso autorizzato come trattamento per il tumore del rene metastatico, per il tumore della mammella triplo negativo metastatico e perioeperatorio, per quello dell’endometrio e della cervice uterina avanzati, del carcinoma dell’esofago e di alcuni tumori gastrici e del colon – evidenzia Ascierto -. Esistono anche combinazioni di immunoterapici come nel caso di nivolumab e ipilimumab approvati e rimborsati dal Servizio sanitario nazionale dal 2022 per il trattamento del tumore del polmone non a piccole cellule metastatico, del tumore del rene avanzato in prima linea di trattamento, nel tumore dell’esofago avanzato a progressione chemioterapica, nel mesotelioma pleurico in prima linea e in alcuni tumori del colon-retto. Abbiamo avuto inoltre l’approvazione dell’utilizzo di anticorpi bispecifici come il tebentafusp nei pazienti con diagnosi di melanoma dell’uvea metastatico o non resecabile che presentano un particolare antigene».