ROMA, 9 GENNAIO 2016 - PER LA prima volta, Renzi rompe il solito schema di gioco: la legge sulle unioni civili non passerà per imposizione del governo ma per una sapiente mediazione d’aula. Magari con i Cinque Stelle, ma tentando di non spappolare la maggioranza sull’articolo 5, quello che riguarda l’adozione del figlio del partner: «Lascio libertà di coscienza né presenterò emendamenti in materia. Si parte dalla stepchild-adoption ma sarà il Parlamento a decidere» conferma ai capigruppo, Zanda e Rosato che vede di buon mattino a Palazzo Chigi insieme alla Boschi. Il tema riguarda in primo luogo, come è noto, il partito di Alfano (che litiga con il premier anche sul reato di immigrazione clandestina) ma tocca in diversa misura anche il Partito democratico. E siccome Renzi non ha nulla da guadagnare dalle polemiche che sono destinate a crescere di qui al 26 gennaio, quando al Senato si inizierà a votare, tiene un profilo prudente, mettendo l’esecutivo al riparo. Tanto da far slittare la direzione del Pd – che il 18 avrebbe dovuto parlare anche di questo tema – alla fine del mese. Quando verosimilmente, tutto sarà compiuto. POI È CHIARO: mancano più di due settimane e tutto può succedere. Pure che l’ombra di una mediazione, cercata soprattutto dai cattolici renziani, improvvisamente prenda corpo. Sì, perché i vertici del Pd sono consapevoli che senza i grillini non si porta a casa il provvedimento, ma altrettanto determinati a tener agganciata al carro Ncd (anche per paura di uno implosione definitiva degli alfaniani) con l’obiettivo di rendere aggiuntivi i M5S. In fin dei conti, il voto segreto agevola chi, nel centrosinistra, volesse assestare colpi di avvertimento al premier-segretario. E il timore di un bidone da parte dei grillini circola tra gli scanni del Pd: c’è chi pensa che potrebbero non avallare intese sull’onda delle polemiche dell’inchiesta sull’amministrazione grillina di Quarto. COSÌ, Palazzo Chigi si affida al comitato bicamerale sulla legge – composto da 5 senatori e 5 deputati democratici (equamente divisi tra laici e cattolici) e presieduto dalla deputata Micaela Campana – il compito di provare a trovare un’altra via, che non sia quella dell’affido rafforzato avanzata da 25 senatori cattolici del Pd) perché si ritiene contenga profili di incostituzionalità. L’ipotesi su cui si lavora è quella di una “stepchild ristretta”, ovvero un’adozione del figlio del partner meglio precisata. Per esempio, con norme che ricordano i divieti della legge 40 sulla pratica dell’utero in affitto. O che limitano l’adozione ai figli già nati al momento della registrazione dell’unione civile. «Sono solo esempi – dice Walter Verini (Pd), che fa parte della cabina di regia – se ne possono studiare altri. Il nostro lavoro è teso a rassicurare chi in buona fede si dice contrario all’attuale articolo 5». La proposta che uscirà finirà sul tavolo dell’assemblea dei senatori Pd ancora da calendarizzare: se non si farà giovedì prossimo, si terrà martedì 19. E il voto – previsto – vincolerà i democratici, fatti salvi i casi di coscienza. Che, si spera, saranno assai limitati.
PoliticaUnioni civili, Renzi ora media. "Stavolta decide il Parlamento"