Dopo lunghe trattative e negoziati c’è l’accordo sul Patto migrazioni e asilo. Il Parlamento e il Consiglio europeo hanno raggiunto l’intesa sui cinque pilastri del nuovo pacchetto per la gestione dei flussi migratori verso l’Ue. Un "accordo storico", secondo i vertici delle istituzioni europee. Un "giorno nero" per chi si occupa della tutela dei diritti dei migranti. L’obiettivo delle nuove regole è rendere più efficace il sistema di asilo europeo, venendo anche incontro ai Paesi di primo approdo che sono sottoposti a una pressione maggiore e – in prospettiva – superare l’accordo di Dublino. "Il Patto sulla migrazione e l’asilo garantirà una risposta europea efficace a questa sfida – ha commentato, con soddisfazione, Ursula von der Leyen – significa che saranno gli europei a decidere chi arriva e chi può restare nell’Ue, non i trafficanti. Significa proteggere chi ha bisogno". Tutti d’accordo? Ovviamente no. L’Ungheria, attraverso il suo ministro, ha fatto sapere di "rifiutare con forza" l’intesa raggiunta. Peter Szijjarto, titolare del dicastero degli Esteri di Budapest, ha contestando il contributo obbligatorio per tutti gli Stati al meccanismo di solidarietà, aggiungendo che il suo Paese "respinge con forza questo patto sui migranti. Non lasceremo entrare nessuno contro la nostra volontà".
Entrando nel dettaglio dell’intesa, le nuove norme si muovono sulla base di tre percorsi: le procedure da adottare per le persone che arrivano alle frontiere esterne dell’Ue, il trattamento delle richieste di asilo e l’identificazione dei migranti. Una volta adottate le nuove regole, per cui è necessario il voto formale di Parlamento e Consiglio, il sistema europeo punterà a favorire la solidarietà tra Stati membri consentendo di alleggerire il carico sui Paesi dove gli arrivi sono maggiori.
"Il 20 dicembre 2023 passerà alla storia – il primo commento a caldo della presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola – come il giorno in cui l’Ue ha raggiunto un accordo storico su una nuova serie di regole per gestire la migrazione e l’asilo. L’Europa ha sfidato ancora una volta le probabilità. Sono molto orgogliosa del fatto che con il Patto su migrazione e asilo abbia prodotto e fornito soluzioni". Parla di "momento storico" anche la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, per cui in questo modo ci sarà una migliore protezione dei nostri confini esterni, più garanzie per i vulnerabili.
Gli Stati membri, con la solidarietà obbligatoria, potranno scegliere se partecipare ai ricollocamenti dei richiedenti asilo nel loro territorio o versare contributi finanziari. Il testo stabilisce anche i nuovi criteri per la competenza nell’esame delle domande di protezione internazionale. Le norme riguardano anche la strumentalizzazione dei migranti, ovvero l’uso da parte dei Paesi terzi di ondate migratorie per destabilizzare l’Ue. Inoltre, il regolamento sulle procedure di asilo stabilisce una normativa comune in tutta l’Ue per concedere e revocare la protezione internazionale in tempi più brevi.
Il Patto è il frutto di "lunghe trattative in cui l’Italia ha sempre svolto un ruolo da protagonista – ha spiegato, infine, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi – per affermare una soluzione di equilibrio che non facesse più sentire soli i Paesi di frontiera dell’Ue, particolarmente esposti alla pressione migratoria". Centrale, secondo lui, è stata la capacità di trovare "il giusto equilibrio tra responsabilità e solidarietà per portare avanti e concludere un negoziato che era fermo da anni. L’approvazione del Patto è un grande successo per l’Europa e per l’Italia, che ora potrà contare su nuove regole per gestire i flussi migratori e contrastare i trafficanti di esseri umani".
Meno entusiaste le associazioni. L’accordo Ue sul Patto per la migrazione e l’asilo farà "arretrare la legislazione europea in materia di asilo di decenni" e porterà a "una maggiore sofferenza umana", commenta Amnesty International in una nota.
Per Eve Geddie, direttrice dell’Ufficio istituzioni europee dell’associazione, il Patto "non sostiene concretamente gli Stati in cui le persone arrivano per la prima volta in Europa, come l’Italia, la Spagna o la Grecia. Invece di dare priorità alla solidarietà attraverso i ricollocamenti", spiega, "gli Stati potranno semplicemente pagare per rafforzare le frontiere esterne, o finanziare Paesi al di fuori dell’Ue".