Roma, 26 gennaio 2024 – “Sfatiamo una volta per tutte la leggenda, quel giorno davanti alla telecamera non c’era nessuna calza". Roberto Gasparotti, 68 anni, è l’uomo della settimana. Oggi si gode la pensione nella campagna romana, ma quel 26 gennaio di trent’anni fa c’era lui – fidatissimo operatore di ripresa – a immortalare la discesa in campo di Silvio Berlusconi. Nove minuti di girato che avrebbero cambiato l’Italia.
Vogliamo un racconto definitivo.
"Che io ricordi, quel giorno a Macherio, eravamo in quattro. L’addetta all’immagine Mity Simonetto, io, un tecnico del suono e naturalmente Berlusconi".
Nessun sospetto di partecipare a un evento storico?
"Macché. Io all’epoca ero solo un telecineoperatore di Videotime. Coprivo ogni giorno la cronaca per i servizi esterni dei tg. Solo ogni tanto ero chiamato al seguito del capo, quando c’erano grandi eventi che lo coinvolgevano. Evidentemente il mio lavoro doveva essere piaciuto, perché qualche mese prima di quel 26 gennaio fui convocato da Mity Simonetto".
Che le disse?
"Che avremmo dovuto allestire un set per la campagna elettorale nella sala cinema di Arcore e che almeno un operatore di Videotime avrebbe sempre dovuto essere a disposizione “per registrare degli spot“".
Perché non in studio a Cologno. E a beneficio di chi?
"Lì per lì non fu chiaro. C’era una certa comprensibile segretezza. Finché un giorno non ritrovai Berlusconi protagonista di una ’prova’. Mity Simonetto il giorno dopo fu tranciante: “Non si è proprio piaciuto“. Io ebbi la prontezza di spiegarle che era la location inadeguata. Soffitto troppo basso, luci sbagliate. Meglio cambiare".
Trasloco a Macherio.
"C’era un pezzo di dépendance in ristrutturazione, molto più semplice da allestire nonostante sacchi di cemento e calcinacci. Così ecco una scenografia studiatissima, luci appropriate e un accorgimento tecnico sulla telecamera. Con un cacciavitino abbiamo modificato la matrice. Un trucco per ammorbidire il volto inquadrato".
Nasce così il mito della calza?
"Il collant sulla macchina da presa per garantire l’effetto ’skin-tone’ era una tecnica cinematografica. Alla Rai, dove negli anni precedenti si girava in pellicola da 16 millimetri, la conoscevano bene. Se non sbaglio fu Paolo Frajese il primo a evocarla".
Quante prove in studio?
"Quelle necessarie per luci e audio, ma poi il 26 gennaio tutto andò perfettamente".
Buona la prima?
"Ci fu un breve riscaldamento, chiamiamolo così. Poi Berlusconi comunicò in scioltezza. Per nove minuti e trenta secondi".
Un’eternità guardando ai tempi televisivi (e social) di oggi.
"Ma allora fu un’autentica rivoluzione. L’avvio della disintermediazione giornalistica rilanciata attraverso i media".
Un’altra innovazioni divisiva?
"Probabilmente sì, però funzionale all’obiettivo della discesa in campo scompaginando il quadro politico. E comunque la si valuti politicamente, una straordinaria interpretazione"
«L’Italia è il Paese che amo...»
"Quel video fu dileggiato, in particolare a sinistra. Ma la presunzione di una scenografia “finta“ e la riduzione a folklore di tanti aspetti dell’attenzione estrema di Berlusconi per la propria immagine hanno finito per velare i critici. La scrivania, la libreria definita “intonsa“, le foto dei figli, i libri, tutto veniva dalla villa di Berlusconi e lì è tornato, alla fine della campagna elettorale. Un set fortunato, utilizzato per tutti i successivi spot. L’idea era vincente: comunicare calore, familiarità, vicinanza".
A riesaminarla oggi?
"Colpisce ancora per professionalità ed esecuzione".
Il via alla politica spettacolo?
"Vinte le elezioni, Berlusconi mi ha voluto al suo fianco per 25 anni. Da fine 1993 a inizio 2019, dentro e fuori da Palazzo Chigi. Se ho una certezza sulla sua figura è che era sì uno straordinario uomo di spettacolo – dall’editoria alle tv allo sport – ma non si è mai adagiato sul talento. Si è sempre speso con applicazione e generosità. E con lucidità".
Salvo la fase delle Olgettine?
"Vita privata di personaggio pubblico. Se vogliamo fare un paragone in tema di relazioni femminili, molti presidenti degli Stati Uniti lo sovrastano".
Il momento più triste?
"La decadenza dal Senato. Tornarci è stata la sua rivincita".
Cosa resta di quel 26 gennaio?
"Una testimonianza politica e umana. Credo che l’ambizione di Berlusconi di piacere agli altri, e soprattutto di convincerli con i propri argomenti, sia destinata a durare nel tempo".